E ora la Quercia volta le spalle al «mago» della finanza rossa

Chiti: «L’agire di Consorte è incompatibile con le Coop». Salvi duro: «Macché complotto, ora il partito discuta». Turci: «Nella base grande sconcerto e rabbia»

Laura Cesaretti

da Roma

«Nessun problema sull'Opa, a patto che non ci siano dubbi sulla sua legittimità». È ancora una volta il toscano Vannino Chiti, coordinatore della segreteria ds (e da sempre dubbioso sull’operazione Unipol), a esprimere la posizione ufficiale della Quercia anche a nome di Piero Fassino, fuori Roma per le vacanze natalizie.
L’ordine di non dichiarare a proposito del gran pasticcio Unipol è perentorio, in casa diessina, in queste giornate di allarme: la linea la danno gli uomini del Botteghino. E la linea è quella di una presa di distanza assai pesante da Giovanni Consorte, l’ormai ex gran capo di Unipol che ha guidato la scalata a Bnl, il «mago della finanza» per il quale si sarebbe «messa la mano sul fuoco», come lo descrivevano fino a qualche settimana fa autorevoli esponenti diessini. Oggi il «manager rosso», come lo chiamano i giornali, viene lasciato al suo destino giudiziario: «Quello che faranno i magistrati riguarda loro, Consorte e i suoi avvocati - dice Chiti - il giudizio politico è un altro. Spero che dimostri la liceità dei suoi comportamenti. Ma comportamenti che vedono operazioni blindate in Borsa, consulenze, affidi bancari senza garanzie, non sono compatibili con il modo di essere di un dirigente d'impresa in un paese normale e moderno». Quindi, bene ha fatto la Lega Coop a revocare la fiducia data al management di Unipol: «I principi che un dirigente d'impresa cooperativa deve rispettare, sono i valori dell'etica». Resta invece il giudizio della Quercia sulla «legittimità» dell’Opa lanciata da Unipol, «se avviene secondo le regole». L’uscita di scena di Consorte e Sacchetti viene a questo punto vista come «la rimozione di un ostacolo», spiega Lanfranco Turci, all’andata in porto della scalata. «Se poi le autorità competenti bloccheranno l'operazione, non grideremo al complotto», assicura il responsabile infrastrutture ds Cesare De Piccoli.
Ma il malessere diessino non si risolve con la decapitazione di Unipol, dopo lo stillicidio di intercettazioni e carte che tirano in ballo in un modo o in un altro presidente, segretario e tesoriere del partito. E si può anche dire, come fa un esponente della Quercia, che «Fassino ne esce bene perché abbiamo letto che Consorte lo teneva all’oscuro dei particolari, e su D’Alema c’è solo il leasing della barca», ma alla fine «l’immagine di noi ds in combutta coi furbetti può essere devastante». Nella base ds «c’è grande sconcerto e incazzatura», avverte Turci. Peppino Caldarola non paventa ancora un contraccolpo elettorale: «L’idea che ci sia un complotto contro di noi, la linea del “ci assediano” può funzionare. Ma alle elezioni mancano ancora mesi...», e chissà cosa può ancora succedere.
Picchia duro invece Cesare Salvi: «Ma quale complotto! È ora che si apra una discussione politica seria nei ds, e spero che la direzione di gennaio sia l’occasione. Altrimenti l’errore dei nostri dirigenti che hanno messo la testa nella tagliola difendendo pubblicamente Unipol rischia di trasformarsi in un crimine». Al Botteghino di registra con una certa amara soddisfazione che gli alleati si sono zittiti, e che in tutta l’Unione il timore che il contraccolpo d’immagine pesi elettoralmente sulla coalizione si fa sentire: «Rutelli e Parisi hanno provato a fare gli apprendisti stregoni, a colpi di “questione morale”, ma adesso sono spaventati anche loro da quel che si è messo in moto, e finalmente si mordono la lingua». Qualcuno si fa sentire per sottolineare di essere stato dalla parte «giusta», scontrandosi con il gruppo dirigente del partito: Franco Bassanini ricorda che «era corretta la posizione di chi raccomandava molta cautela nella scelta dei compagni di viaggio», e fa l’elenco dei «buoni»: «Io stesso, Amato, Morando, Prodi, Rutelli».

E intanto, zitto zitto, un segnale di posizionamento lo dà anche un grande outsider come Walter Veltroni che - in pieno scontro del suo partito con i «salotti buoni» - annuncia la sua «piena condivisione» delle «giuste analisi» di Luca Montezemolo su economia e riforme.

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