Dovunque giochi, lo scudetto è assicurato: uno all’Ajax, due alla Juve, tre all’Inter. Un mostro. In passato si divertiva a sfornare assist, con Mourinho s’è trasformato in un’implacabile macchina da gol vincendo la classifica dei cannonieri e con essa un «bonus» da 1,5 milioni. Sarebbe da Pallone d’oro, Zlatan Ibrahimovic, se segnasse a raffica anche in Champions League dove invece è rimasto a secco nelle ultime 12 partite a eliminazione diretta. È comunque lui che ha spostato gli equilibri di Calciopoli quando è passato dalla Juventus alla corte di Moratti. Uno tsunami. Dell’Inter è il cuore, la testa, l’anima: più importante, direi indispensabile, di Kakà nelle fortune delle rispettive squadre. Per quanto possa sembrare paradossale, è colpa sua se la Centenaria non gioca un calcio straordinario o non ha bisogno di giocarlo. Basta dargli il pallone per mettere a repentaglio l’incolumità dei portieri avversari. A differenza di Juventus e Milan, l’Inter è già un passo avanti con gli acquisti di Milito e Thiago Motta («Il miglior centrocampista della Serie A, mai visto uno così», racconta il suo ex compagno di squadra Marco Rossi) e quelli probabili di Carvalho, Felipe Melo o Deco. Quanto serve per arrivare alla coppa dalle grandi orecchie. Ma senza Ibra non sarebbe la stessa cosa. Immaginatevi il Barcellona privo di Messi o il Manchester United orfano di Cristiano Ronaldo: grandi squadre, non grandissime. In un calcio che vive di episodi, i campioni fanno sempre più la differenza. E lo svedese prima o poi sarà protagonista in Champions League. Peccato che, a dispetto di un contratto in scadenza nel 2013, voglia cambiare casacca. Ma quale? E quanti sono i club disposti a investire 200 milioni fra cartellino e ingaggio per strapparlo a Moratti e Mourinho? Non vorrei sbagliare, ma un’offerta vera, autentica, reale non s’è ancora materializzata. Anche se Zlatan e il suo procuratore parlano a giorni alterni con l’obbiettivo di sfiancare il presidente. Ieri ad esempio Raiola ha detto che con Moratti va tutto bene e che «chi vuole Ibra deve venire a Milano a prenderselo». Per ora però Moratti non è stanco.
Comunque, in attesa di inquadrare il futuro, l’Inter s’è mossa ad ampio raggio per cercare l’eventuale sostituto. L’obiettivo è il camerunense Samuel Eto’o, il centravanti del Barcellona che con una prodezza ha indirizzato in Catalogna la finale di Roma, di appena sette mesi più vecchio di Zlatan: nati entrambi nel 1981, l’uno il 10 marzo, l’altro il 3 ottobre. I numeri sono gli stessi, basta cambiare giorno e mese, e Guardiola due giorni fa l’ha messo ufficialmente sulla lista dei partenti (come nel 2008 d’altronde): «Non è più nei miei piani». Mourinho l’ha posto in cima alla lista. In subordine Drogba. Ma Ancelotti, passato sulla panchina del Chelsea, non ha alcuna intenzione di privarsi dell’ivoriano dopo averlo cercato per anni ed infatti è in arrivo un rinnovo di tre anni. Ne verrebbe fuori questa formazione: Julio Cesar in porta; Maicon, Samuel, Carvalho e Santon in difesa; Cambiasso, Felipe Melo (siamo vicini all’accordo finale) e Thiago Motta a centrocampo; Eto’o, Milito e Balotelli in attacco. Con la possibilità di schierare Stankovic al posto di Super Mario quando serve difendere il risultato o rafforzare il centrocampo. Niente male, direte. Ma a gioco lungo si farebbe sentire l’assenza di Ibrahimovic che però ha ribadito di «non sentirsi per tanti anni con la stessa maglia» e ha ammiccato al Barcellona: «Gioca un calcio all’avanguardia, sembra di essere nel 2015». Proprio il Barcellona, guarda un po’.
Io comunque Zlatan non lo cambierei con nessuno. E quindi, al posto di Moratti, farei l’impossibile per convincerlo a restare nell’Inter ed entrare nella sua storia ultra centenaria.
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