E Parisi litiga anche con gli ambasciatori

Sei diplomatici di Paesi impegnati a Kabul scrivono una lettera aperta agli italiani: non ritiratevi. Il ministro della Difesa: iniziativa irrituale, siamo uno Stato sovrano. La Cdl: situazione imbarazzante

da Roma

«Sostenete ancora Kabul, non cancellate la missione». Lo scrivono, in una «lettera aperta agli italiani», gli ambasciatori di sei Paesi impegnati militarmente in Afghanistan ed evidentemente preoccupati dagli sviluppi del dibattito politico romano: un invito accorato «a restare uniti» e a «condividere le responsabilità per garantire la sicurezza e favorire lo sviluppo civile ed economico». Piccata invece la risposta di Arturo Parisi. I contenuti, sostiene il ministro della Difesa, «sono totalmente condivisibili», però l’iniziativa «è inusuale e, se si guarda al rispetto della nostra sovranità, come minimo irrituale». L’incidente diplomatico con i nostri partner è vicinissimo.
La lettera, frutto di una proposta dell’americano Richard Spogli, è stata sottoscritta pure dagli ambasciatori di Australia, Gran Bretagna, Canada, Olanda e Romania. Mancano però le firme degli altri tre Stati interessati, Francia, Germania e Spagna. Nel documento si ricordano i motivi dell’intervento, la lotta ai talebani e ai terroristi di Al Qaida, si elencano i successi ottenuti «con il valido contributo italiano», dalle elezioni libere ai progressi nel campo dei diritti umani, e si invita l’Italia a proseguire la missione.
Parisi però l’ha accolto con una certa irritazione. «Gli ambasciatori - osserva - hanno il compito di rappresentare i loro Stati su mandato delle loro autorità. Il rapporto con gli italiani è invece compito delle autorità italiane, delle forze politiche e di ogni singolo cittadino nelle sedi istituzionali e nella società». E se pure è d’accordo con il contenuto, il ministro non lo è con «le sollecitazioni esterne». «La fedeltà delle alleanze - dice - non può essere dissociata dalla autonomia delle scelte perchè solo le alleanze tra pari reggono nel tempo».
La sinistra radicale, che già minaccia di non votare il rifinanziamento della spedizione militare, si schiera con Parisi. «Il ministro della Difesa ha ragione a contestate il metodo della lettera», dice Gennaro Migliore, capogruppo Prc alla Camera. Quanto al merito, «spero che la maggioranza troverà un punto d’intesa». Il leader verde Alfonso Pecoraro Scanio considera «uno sbaglio» l’iniziativa dei diplomatici: «Non vogliamo una fuga, ma una exit strategy. Puntiamo a rafforzare l’impegno civile e a costruire la pace». E Severino Galante, capogruppo Pdc in commissione esteri, parla di «inaudita e indebita interferenza: ci hanno preso per la Repubblica delle banane, però non riusciranno a condizionarci».
Ma secondo Lorenzo Cesa «questo è il segno che le liti politiche italiane sull’Afghanistan stanno suscitando scalpore a livello internazionale».

Il segretario dell’Udc spera che Prodi e D’Alema riescano a tenere e «a non cambiare la linea». E per Altero Matteoli, presidente dei senatori di An, «è imbarazzante che gli ambasciatori alleati ci chiedano di non abbandonare Kabul».

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