E il quartiere piange il suo «Pit»: sempre con noi

Al bar-circolo «Reduci e combattenti» di piazza Gasparri, cuore della Comasina, la gente del quartiere si ritrova a guardarsi al telegiornale. Le immagini di chi vive in zona scorrono sullo schermo della tivù, in fondo alla sala. E si capisce subito che Pietro Mazzara, detto «Pit», era uno di loro, che lo conoscevano tutti e gli volevano bene. Era nato e cresciuto qui il ragazzo morto l’altra mattina nello scontro con la vettura guidata da nomadi in fuga dopo un furto. E quando i genitori Domenica e Salvatore si erano separati, una decina di anni fa (il padre poi sarebbe andato ad abitare nella vicina Baranzate, la mamma in provincia di Pavia) lui, figlio unico, aveva deciso di continuare a frequentare il quartiere dove aveva la compagnia, il bar, dove si sentiva a casa insomma. E, appena era andato a vivere da solo, un anno fa, era stato sempre qui, in via Val di Bondo 21, che aveva preso un appartamento in affitto.
«Ciao Pit, resterai sempre con noi. Adesso anche noi abbiamo il nostro angelo in cielo» recita uno dei lenzuoli bianchi, attaccati sul muro del bar, accanto alla bandiera del Milan, squadra del cuore del 27enne morto. «Nessuno muore finché vive nel cuore di chi resta!!! Ciao Pit» sta scritto su un altro.
Sul bancone del bar, poi, una scatola-salvadanaio con una scritta «Per Pietro». «Una raccolta di fondi per offrirgli una corona di fiori per il funerale» spiega una signora seduta a un tavolino a un’amica che le si accomoda accanto.
Nel quartiere l’aria non è tesa. Per il momento è il dolore che prevale, lo sbigottimento per una scomparsa tanto violenta e ingiusta, quella di un ragazzo al posto del quale, in quel momento fatale - tutti ne sono profondamente consci - poteva trovarsi chiunque.
«Poi chissà - commenta un poliziotto -. Chissà se il clima si farà più ostile quando sapranno che i responsabili dello scontro sono proprio due nomadi. Per il momento non hanno ancora la certezza, ma se venissero catturati...Come reagirà la gente di questa zona? Forse con rabbia».
Il lampione della luce all’angolo tra via Arsia e via Cogne, a Quarto Oggiaro, sul luogo dell’incidente, è avvolto da fiori, da lettere, messaggi e tanti, tanti fiori. In mezzo ai petali qualcuno ha infilato anche un semplice rosario bianco di plastica, quasi a invocare un po’ di pace. E poi un paio di guantoni azzurri da boxe, la grande passione di Pietro. Anche lì tre lenzuoli con scritte a spray nere sono stati appesi all’inferriata dello stabile accanto. «Il popolo della notte ha un angelo in meno» e «Ciao Pit, la Comasina ricorderà sempre il suo angelo» sono le parole che vi campeggiano sopra.
Poi, ancora, una commovente lettera scritta a mano, in corsivo e attaccata con lo scotch al lampione. «Io non ti conoscevo, ti ho visto dalla mia finestra, a terra, immobile. Ma non eri solo.

Il mio affetto di madre di 2 figli della tua città era lì con te. Giulia».
La gente, raccolta attorno, guarda e commenta. Nessuno ha dubbi: Pietro è una vittima innocente della violenza degli zingari. Chi gli ha portato via la vita va punito.

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