E la Renault cade nella trappola di monsieur Todt

L a Ferrari ha pensato a tutto. Strategia, gomme, motore e aerodinamica. Peccato che solo a fine gara abbia scoperto di aver trascurato un dettaglio che dettaglio non è: portarsi dietro un cardiochirurgo. L’ha indirettamente invocato il presidente tifoso Luca di Montezemolo: «Una vittoria da infarto» ha detto, e l’ha ammesso a chiare lettere monsieur Jean Todt, «non ho più l’età, il cuore diventa pericoloso, sarà meglio che mi porti dietro il medico» la sua confessione. Ma il medico non c’era. Conoscendo il piccolo Napoleone di Maranello, vorrà dire che si attrezzeranno.
D’altra parte, il pathos che gli uomini del Cavallino hanno saputo regalarci è stato alto e grande. Una vittoria senza certezza nonostante la certezza che a Imola non si sorpassa. Sessantadue giri a chiedersi: ce la fa o non ce la fa? Pathos incrementato volutamente perché la Ferrari ha giocato anche d’azzardo. Quando ha capito che il secondo treno di gomme, quello montato al primo pit stop, non era simpatico, tenero e gentile come il precedente, quando Alonso ha cominciato a risalire arrivando ad alitare sul collo del tedesco, a quel punto la Rossa ha deciso di bluffare. Mossa rischiosa ovunque, a maggior ragione nel rischioso mondo a trecento all’ora.
Dalle segrete stanze maranelliane trapela infatti che una volta constatati i problemi del secondo treno di gomme, il box, d’accordo con Schumi, ha deciso che forse era il caso di rallentare ancor più del previsto, per sfruttare al massimo l’impossibilità di sorpasso di Imola. Sfruttarla come? Mandando in confusione il box Renault. Cosa puntualmente accaduta, visto che al giro 41 Briatore e soci hanno detto ad Alonso di rientrare per il pit stop. Un rientro «in anticipo sul previsto – ammetteranno entrambi – visto che avevamo carburante per altri sei giri». Se fossero rimasti in pista, avrebbero vinto a mani basse. È stato lì che la Ferrari si è messa in tasca il suo Gp. La strategia dell’armata francese era infatti vincente: restando in pista sei giri in più, dopo l’ultima sosta sarebbero rientrati davanti alla Rossa. Invece hanno pensato che Schumi avesse problemi più grandi del previsto e che li rallentasse troppo, tanto più che Massa era dietro loro di soli 13’’: così si sono fermati per togliersi di torno quel tappo di Michael. E la Ferrari li ha messi nel sacco: «Quando abbiamo visto la Renault rientrare abbiamo subito detto a Schumi di fare il pit stop il giro dopo». Et voilà, direbbe Todt.
Forse anche per questo, a fine gara, festeggiamenti e riunione tecnica, il capo francese del Cavallino parla di questo successo come di «un’aspirina» per la Ferrari, e parla di cuore e infarti e di 14 corse da fare e un mondiale aperto.

Un Todt sopra le righe, felice e sicuro, come in un’intervista al solito giornale tedesco quando sbotta e rivela: «Fino a che rimarrà in F1, Michael resterà per sempre alla Ferrari. Perché lui fa parte della Rossa e la Rossa fa parte di lui».

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