A sinistra sono soddisfatti: sul decreto legge anti-romeni Rifondazione lha spuntata. Prodi, e con lui Amato, hanno aperto la porta alle loro richieste di correzioni garantiste al provvedimento, e lhanno chiusa alle trattative con la Cdl per arrivare ad un voto bipartisan. E «il vero sconfitto è Walter Veltroni», assicurano sottovoce dal Prc.
Perché il sindaco di Roma è riuscito sì a imporre al governo la svolta «sicuritaria» del decreto, come la chiama con dispregio il Pdci, ma non a portare a termine loperazione che sognava: condurre lintero Parlamento a votarla, unire maggioranza e opposizione sulle parole dordine del leader del Pd.
I primi a capirlo, e a mettersi di traverso, sono stati i capi del centrodestra: riuniti attorno al desco berlusconiano, lunedì hanno esaminato i corni del dilemma. Da un lato, spiegava Casini, cera la possibilità di «spaccare la maggioranza», assicurando il proprio appoggio al provvedimento in cambio di alcune modifiche «rigoriste», ma senza eccessive durezze, che risultassero appetibili al centro dellUnione. E costringessero la sinistra a votare contro. Ma così, si è ragionato, si sarebbe fatto un gran favore a Veltroni, riconoscendolo come unico interlocutore capace di unificare su una linea moderata governo e opposizione, isolando i massimalisti.
Per questo la Cdl ha indurito la linea, chiedendo draconiani inasprimenti al decreto, con Fini che è arrivato a reclamare «250mila espulsioni» di romeni. E Prodi, che aveva ancor meno interesse della Cdl a far uscire Veltroni vincitore della partita, ha colto la palla al balzo, e riaperto il dialogo con Rifondazione.
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