E se dietro le code ci fosse solo una moda?

Assistere alla lunga sfilata di visitatori in attesa di accedere a Palazzo Marino per godersi il San Giovanni Battista, è innegabilmente qualcosa che riconcilia il cuore e la mente con quel concetto scivoloso e ambiguo espresso dalla parola «cultura». Forse, viene da pensare, non siamo un popolo di cialtroni che sbavano solo per il Grande Fratello e i cinepanettoni. Ma, a dirla tutta, viene anche da pensare che appunto di sfilata si tratta.
E se fosse soprattutto una moda? E se a spingere così tanta gente a sopportare un’ora di coda per vedere il capolavoro di Leonardo prestatoci dal Louvre o, sempre per stare a Milano, a riempire le sale di Palazzo Reale per un tour fra le tele di un pittore oggi di culto (o di moda, appunto) come Edward Hopper, così come ad affollare le letture dantesche di Sermonti, o a riempire i festival letterari e filosofici, o a leggere tutti contemporaneamente e «improvvisamente» Zia Mame, se a far scattare tutto questo, insomma, fosse un semplice meccanismo emulativo? Una coazione a ripetere comportamenti ritenuti non tanto intellettualmente appaganti ma socialmente à la page? Un mettersi in coda su una strada consigliata dai media e dai cosiddetti gatekeeper della cultura invece che un avventurarsi in percorsi meno battuti, meno di massa? Un «imitare» invece che uno «scegliere»?
Niente di male. Ma capirlo servirebbe a evitare l’equivoco che confonde una massa di «curiosi» con una città «colta». Una differenza, sebbene sottile, esiste. Ed è la stessa capace di spiegare un paradosso solo apparente, cioè questo: il Cristo morto di Mantegna - un capolavoro a caso - lì dove è, a Brera, se lo filano giusto le scolaresche e qualche turista. Se fosse «presentato» con un grande evento per un’esposizione temporanea in piazza Duomo, spostandolo appena di cinquecento metri, con l’adeguato battage intellettual-chic riscuoterebbe probabilmente più dei 20mila visitatori accorsi durante i giorni di Natale ad ammirare il San Giovannino, che pure sta a Parigi e non veniva in Italia da 70 anni. Si chiama «effetto Mantova», ossia: persone che nella stragrande maggioranza dei casi non leggono più di un libro in tutto l’anno però non si perdono il weekend al festival della Letteratura, così possono raccontare agli amici «gli scorci suggestivi» della cittadina. Qualcosa che non fa certo male alla cultura. Ma neanche bene, sinceramente.
Forse per svegliare gli italiani bisogna davvero minacciare di smontare il Cenacolo - come ha fatto il ministero dei Beni culturali con i famigerati e contestati spot pubblicitari - per costringerli ad andarlo a visitare.

Oppure fargli nascere il sospetto che non sarebbero chic se questo Natale non passassero a vedere - gratis - il San Giovannino. La cui monografia, ovviamente, rimane invenduta sugli scaffali.
A proposito, buona coda per l’anno prossimo. Arriverà un Michelangelo.

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