E se Mario Draghi fosse il nuovo Luigi Einaudi?

E se Mario Draghi fosse il nuovo Luigi Einaudi?

Davvero interessante il saggio di Guido Stazi sull'ultimo numero del trimestrale Libro Aperto (rivista diretta da Antonio Patuelli ed edita dalla omonima Fondazione), monografico e dedicato a Luigi Einaudi.

Gli anni che prende in considerazione Stazi sono quelli più delicati per la giovane storia del nascente Stato repubblicano: sono quelli che vanno dal 1943 al 1948. Gli anni della ricostruzione della Nazione, in cui, il non più giovane economista, getta le fondamenta liberali che portarono al successo definito «miracolo economico».

Nel 1948, a maggio, Luigi Einaudi diventa presidente della Repubblica. Ma negli anni precedenti contribuisce non poco alla costruzione della Nuova Italia, proprio lui che aveva così in antipatia le «costituenti», di cui comunque poi fece parte. E sempre con un'idea precisa: «L'errore fondamentale delle politiche socialistiche è quello di ritenere che lo Stato possa esercitare soprattutto un'azione benefica per l'incremento della ricchezza e per l'elevamento delle classi lavoratrici per mezzo di un intervento diretto rivolto promuovere questa o quell'industria». Forse anche per questa sua impostazione Luigi Einaudi non ha mai amato, anzi ha sempre destato, l'azionismo torinese, che pure tanti liberali, oggi, sembrano associare al liberalismo.

Il tratto della sua politica economica è chiarissimo. Ma altrettanto definiti, anche se forse meno conosciuti, sono i suoi riferimenti internazionali. Stazi ci parla dei suoi rapporti stretti, in quegli anni, con due personaggi chiave della diplomazia anglosassone: John McCaffery e Allen Dulles, entrambi uomini dei servizi, coperti dalla valigetta diplomatica.

«Tra il gennaio del 1945 e il maggio del 1948, Einaudi tuttavia non fu solamente tra i principali ispiratori della politica economica della ricostruzione, concorrendo in modo determinante definire il carattere da imprimere alla vita economica del Paese, ma fu al centro di decisioni e

scelte che contribuirono in modo decisivo alla fisionomia assunta dalla nascente democrazia».

C'è chi potrebbe pensare, per curriculum, storia e occasioni, che oggi con Mario Draghi, si possa vivere una stagione simile. Vedremo.

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