"E' sicuramente innocente". Fu condannato a morte

Per gentile concessione della vedova di Giorgio Saviane (1916-2000), Alessandra Del Campana, pubblichiamo un brano del romanzo inedito Vita bella, scritto da Savia­ne nel ’34

Per gentile concessione della vedova di Giorgio Saviane (1916-2000), Alessandra Del Campana, pubblichiamo un brano del romanzo inedito Vita bella, scritto da Savia­ne nel ’34. Il romanzo fu proposto dalla signora Del Campana nel 2001 alle Edizioni San Paolo, che non lo ritennero adatto al loro catalogo. Un paio di anni fa si fece avanti la casa editrice Marsilio che pensava di pubblicarlo in occasione di un convegno che si sarebbe dovuto svolgere a Castelfranco Veneto quest’anno, ma dopo le elezioni della pri­mavera scorsa il nuovo sinda­c­o e la giunta non hanno più di­mostrato interesse alla cosa.  

di Giorgio Saviane

Quando Rivara si alza per parlare non sa cosa dire in difesa dell’imputato contro cui ci sono prove schiaccianti.
«Eccellenze della Corte» comincia, ma la sua mente è vuota di un qualsiasi piano, il pensiero di essere lì a difendere la vita di un uomo lo sostiene. Parla, parla a lungo, solleva l’entusiasmo dei profani, ma solo l’ammirazione dei giudici per la foga forbita e eloquente. Richiama la loro attenzione perché ne sentano il valore, come dire? Puramente storico. Del resto apparendo una possibilità anche minima che l’omicidio fosse colposo, avrebbero voluto prendersi la responsabilità dell’irreparabile, tanto più che si prometteva di portare alla nuova sessione di Assise il vero colpevole?
Il procuratore Generale osserva: «ne ha per caso uno più indiziato di costui?»
«No, signor Procuratore: ed è qui il tragico della mia posizione, difendere un uomo che so innocente, senza nessun elemento positivo contro altri o in suo favore» ma mentre finisce la frase si accorge di essersi fatto trascinare dalla sincerità.
«E chi l’assicura dell’innocenza dell’imputato?»
«La ringrazio, signor Procuratore Generale, di avermi ricondotto sull’argomento col quale spero di convincere la Corte a rinviare il processo, per ricerca di prove: Signori Giudici, voi sapete che esiste una forza oggettiva della verità che si manifesta quando nessun apparato di giustizia la intimidisca. Questa non poteva apparire al Giudice Istruttore che non ha fatto che riferire le parole del Marini, forza viva che vorrei aiutarvi a cercare. Nel vostro interrogatorio all’imputato, questi ha solo risposto. Solamente io posso illuminarvi e sento il sublime della nostra professione che eguaglia e supera quella del giudice. In un primo momento rifiutai di patrocinare il Marini finché non fui convinto della sua innocenza. La prima volta che andai a visitarlo in carcere, lo trovai abbattuto ma non esasperato. Mi disse: “avvocato, molte volte ho pensato di commettere un delitto per vendetta, chissà forse ne sarei anche capace: certo ho provato spesso piacere nel fantasticarlo, così oggi Dio mi punisce”. Credetti a ciò che diceva e se con simili argomenti oso chiedervi la salvezza di un innocente è perché ho sempre pensato che meglio di ogni chiacchiera valga la potenza della verità. Concludendo vi ho già prospettato la tesi che si tratti di omicidio colposo non perpetrato dal Marini, vi prometto di portarvi alla prossima sessione il responsabile. Su ciò ipoteco la mia carriera di avvocato.»
Si siede e prova lo stimolo di alzarsi di nuovo a parlare, si trattiene non volendo spazientire i giudici.
Il Pubblico Ministero chiede la parola: «Eccellenze della Corte» dice con voce strascicata e affrettata «voi e noi tutti conosciamo il poker, ebbene vi sono persone tanto corrette e posate che non approfittano del bluff, però è spesso riscontrato che questi tranquilli giocatori attendono al varco i compagni creduloni e tirano il bluff in grande stile quando la posta è grossa. Ora chi ci assicura» continua scandendo le parole «chi ci assicura che l’illustre avvocato Rivara, conosciuto per la sua rapida quanto integerrima carriera, non bluffi? Anzi, è indubbia la colpevolezza del Marini, come ognuno di voi si è reso conto. Un processo di Assise non è un gioco, pertanto chiedo: trovandoci in presenza di una teoria di fatti inismentibili indicanti la piena responsabilità dell’imputato, sia pronunciata la sentenza. Accogliendo la tesi dell’avvocato della difesa, non farete che ritardare la giustizia, la quale può subire nel tempo delle alterazioni imprevedibili, mentre è la severa punizione che deve colpire un simile assassino».
Gianni fa per parlare, ma il Presidente dichiara chiusa la discussione.

Insiste, ma il Presidente lo interrompe rivolgendosi all’accusato con la formula di rito:
«Imputato, ha nulla da dire?»
Il Marini era rimasto incantato a seguire il parlare per lui incomprensibile del Pubblico Ministero. Volgendosi meravigliato, ma con negli occhi un lampo di odio risponde: «No».
«La Corte si ritira per deliberare».
Gianni si siede, non sa pensare. Finalmente i giudici rientrano. Pronunciano sentenza di morte.

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