Economia

E sull’Istituto c’è ancora il segno di Cuccia

Nicola Porro

da Milano

Per chi non ha vissuto la ricostruzione dell’Italia dei Mattioli, dei Merzagora, dei Malagodi, dei La Malfa, dei Tino e del partito d’azione, Enrico Cuccia, scomparso nella notte del 22 giugno di 5 anni fa, assume un volto diverso. Non solo dunque quello del grande banchiere, del medico del capitalismo familiare acciaccato, ma anche quello dell’antidivo.
Chi ha potuto conoscere il «dottor» Cuccia nei primi anni della sua grande intuizione in Mediobanca ne ha visto un volto e una traccia antica e preziosa. Chi lo ha sfiorato negli ultimi anni, ha visto un colore magnificamente antimoderno. È stato impressionato dal grande banchiere curvo che imperterrito procedeva dritto alle domande inutili e goffe di un inviato di Striscia la Notizia. Un gigante che ripetutamente è stato tirato da una parte e dall’altra. Persino oggi, nelle celebrazioni un po’ ipocrite della sua scomparsa, ci si chiede quale sarebbe stato il suo rapporto con gli immobiliaristi che gli comprano una quota dell’Istituto, quale sarebbe il suo ruolo nelle aggregazioni bancarie. Il «dottor» Cuccia avrebbe pensato solo a Mediobanca. E ai dirigenti che ha allevato: Vincenzo Maranghi per primo, il «delfino» estromesso dalla forza dei suoi azionisti, che leggevano in lui quel tratto silente, ma deciso, che qualcuno potrà definire maniacale, ma che per un «cucciano» significa il rispetto massimo dell’Istituto.
In cinque anni molto è ovviamente cambiato. È scomparsa una parte di quella generazione che ha fatto i conti con la ricostruzione, ma ha dovuto mettere mano anche ai cellulari. È scomparsa quella sua grande sponda giuridica, che si chiamava Ariberto Mignoli, con il quale aveva costruito il patto che lo rendeva forte. Ma il segno di Cuccia resta. I due giovani direttori generali di Mediobanca ne sono l’espressione più compiuta. Alberto Nagel e Renato Pagliaro sono banchieri diversi da quelli tradizionali. È vero, Mediobanca si è aperta. Si è persino prestata alla regola modernista della presentazione dei conti alla comunità degli analisti. Ma per cambiare il sangue di una Istituzione privatissima, ci passa qualche generazione. Oggi dicono che la banca si sia «modernizzata», sia al passo «con la concorrenza internazionale». Viene da chiedersi che cosa fosse allora in passato Mediobanca. La realtà, e forse questo è il modo migliore per ricordare Enrico Cuccia, è che Mediobanca, al contrario, è sempre stata l’Istituzione più moderna e internazionalizzata di cui l’Italia si potesse fregiare. Che sappia mantenere gli standard dei tempi di Cuccia.

Altro che.

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