E Veltroni inciampa nello zampino di Prodi

RomaUna telefonata, neanche una telefonata. L’avrebbe potuta fare Walter Veltroni prima di scendere personalmente in campo a favore di Sky. Perché, ragiona un uomo molto vicino all’ex premier, «non è possibile portare avanti un’azione politica seguendo uno spot televisivo e senza neanche preoccuparsi di verificare lo stato dell’arte con chi ha governato il Paese fino a sei mesi fa». Ma pure Romano Prodi, che nonostante fosse appena rientrato da Pechino s’è ben guardato dall’alzare il telefono e spiegare a Veltroni come stessero davvero le cose anche se la questione Sky era ormai sulle prime pagine di tutti i giornali. E non solo lui, visto che il carteggio con cui il precedente governo si impegnava con la Commissione Ue ad «allineare al più presto l’ordinamento nazionale a quello comunitario applicando la medesima aliquota per tutti» non era noto soltanto all’ex premier. Di certo, ne erano a conoscenza Vincenzo Visco, allora viceministro dell’Economia, Emma Bonino, titolare delle Politiche comunitarie, e Giuseppe Fioroni, ministro delle Comunicazioni. Che evidentemente hanno peccato tutti di poca memoria, altrimenti è difficile spiegarsi perché Veltroni si sia esposto tanto - in prima persona e in ben due diverse occasioni - nel giro di 48 ore.
Alla fine, infatti, è proprio il segretario del Pd a incassare un’altra pesante sconfitta politica. Ieri doppiamente imbarazzante. Per un verso perché Prodi non esita a rivendicare la bontà di quel carteggio, guardandosi però bene dal difendere la scelta del Pd di cavalcare la vicenda. Cosa che i prodiani avevano ben lasciato trasparire nei giorni scorsi, un po’ con il loro silenzio un po’ con alcune sortite decisamente «fuori registro» (vedi le perplessità di Mario Barbi). E a ben vedere, sempre osservando la querelle dall’interno del Pd, pure Massimo D’Alema aveva preferito il low profile senza avventurarsi troppo in un campo che deve evidentemente aver considerato minato. A tutto questo, ieri si è aggiunto il carico da novanta di Bruxelles che per bocca di un portavoce della Commissione ha fatto sapere che per l’Ue «il caso è chiuso» visto che il governo italiano si è mosso nella direzione dell’armonizzazione (che poteva essere raggiunta o alzando l’Iva a Sky o abbassandola agli altri operatori del settore). Annuncio che Berlusconi ha chiosato con un eloquente «che vi avevo detto» mentre Veltroni ha preferito restare in silenzio tutto il giorno.
Già, perché al di là di qualsiasi considerazione tecnica, di certo c’è che la sortita di Bruxelles rappresenta il sigillo di cera all’ennesimo scivolone politico di Veltroni. Che in solitaria - tanto da non fare e ricevere neanche una telefonata - ha giocato e perso la partita delle «relazioni pericolose». Rupert Murdoch, infatti, non è solo alla guida di un impero economico che lo ha fatto arrivare a essere uno dei cento uomini più ricchi del mondo ma è anche il proprietario di quella Fox che nel 2000 sbloccò l’impasse delle presidenziali Usa assegnando prima delle altre emittenti la Florida a George W. Bush.


Dopo la partita della riforma elettorale europea (giocata sotto traccia) e quella della Vigilanza Rai (giocata in prima linea), per il segretario del Pd arriva dunque un altro passo falso. Che loro sempre più debole, soprattutto in vista dei chiarimenti interni che si preparano tra i democrat.

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