E il web spiega «Chi era costui»

Curiosando tra le oltre tremila lapidi affisse alle facciate di palazzi e case milanesi, ci si può imbattere in vere e proprie chicche. Chi poteva immaginare, per esempio, che Ettore Bugatti (1881-1947) leggendario progettista e designer di auto sportive, nacque in un appartamento di piazza Baiamonti 3? «Con le sue auto superbe - è scritto nella lapide posta dal Comune nel 1990 sull'edificio - costruì un mito».
Non c’è caseggiato, rione o palazzo che non abbia dedicato almeno una targa commemorativa a personaggi celebri, oppure legati al Risorgimento o alla Resistenza. Un patrimonio che pesa all’incirca 100 tonnellate; un campionario tra i più ricchi e completi d’Italia. E in questo campionario tanto eterogeneo non potevano mancare lapidi più curiose di altre. Per restare ancora nel mondo dell’auto, al civico 60 di corso Sempione, come testimonia la targa con tanto di bassorilievo raffigurante un bolide di Formula Uno, abitò Alberto Ascari (1918-1955) campione del mondo negli anni 1952 e 1953. «Pilota grande e generoso» c’è scritto sulla targa e, aggiungiamo noi, anche sfortunato: dopo tante rischiose vittorie in giro per il mondo, perse la vita sul circuito di Monza non in gara, ma mentre provava la Ferrari dell’amico e collega Eugenio Castellotti.
Ma c’è anche una testimonianza che ha qualcosa di strabiliante per Milano. È certificata sulla facciata di un edificio in viale Pasubio 10, dove fu periodicamente ospitato il leader nordvietnamita Ho Chi Minh. Lo ricorda una lapide affissa dal Comune nel 1990 per il centenario della sua nascita. La targa ricorda che il leader, morto nel 1969 mentre ancora dirigeva la lotta di liberazione del suo Paese, frequentò quella casa durante le sue missioni internazionali. In realtà, attorno al 1933, quello che sarebbe diventato il presidente del Vietnam sul quale pendeva allora un mandato di estradizione francese e che viveva da esule, avrebbe lavorato per qualche mese come aiuto-cuoco proprio nel ristorante (ancora in attività) sulla cui facciata è apposta la targa. Lo dice la tradizione popolare milanese, ma si tratta di una voce attendibile: infatti nel 1915, Ho Chi Minh era diventato chef pasticcere sotto la guida di Auguste Escoffier all’hotel Carlton di Londra, come ricorda un’altra lapide sulla facciata dell’albergo britannico. Del resto non è raro che dietro una semplice targa ricordo, si celino vite strabilianti. Come quella dedicata al re del mambo, Pantaleon Perez Prado (Cuba 1926-Milano 1983) che abitò a lungo in via Bramante al civico 39, dopo che nel 1962 aveva abbandonato per motivi di dissenso politico nei confronti del castrismo, la natìa Cuba insieme alla moglie, la ballerina e cantante Eda Pov, nota in quegli anni come la «Venere Mulatta».
Anche Albert Einstein e Ernest Hemingway hanno lasciato tracce importanti a Milano. Il primo, premio Nobel per la fisica nel 1921, visse in via Bigli al numero 21 tra il 1894 e il 1900 e cioè quando aveva tra i 15 e i 21 anni. Suo padre Hermann, aveva scelto Milano per aprire una ditta di motori elettrici in via Lecchi e le sue ceneri sono tuttora conservate al Cimitero Monumentale.
Infine Hemingway, Nobel per la Letteratura nel 1954, soggiornò in via Armorari 4 nell’estate del 1918, al termine della prima guerra mondiale. L’edificio a quell'epoca era stato adibito a ospedale della Croce Rossa statunitense. Il diciottenne Ernest, in seguito a una ferita riportata a Fossalta di Piave dove combattè come volontario, venne portato qui dove conobbe una giovane crocerossina, l’americana di origine tedesca Agnes von Kurowsky, di cui si innamorò.

La loro storia milanese durò tre mesi, ovvero per tutto il periodo di convalescenza del grande scrittore che aveva riportato ben 227 ferite in seguito allo scoppio di una granata di mortaio. A questo amore meneghino, Hemingway dedicò uno dei suoi romanzi più famosi «A Farewell to Arms» (Addio alle armi) come è ricordato con un certo orgoglio anche nella targa.

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