E Zorro si vendica dell’Allende. Via Internet

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Tremate: El Zorro, la Volpe, è tornata. E non ci riferiamo al nuovo romanzo già in odore di bestseller di Isabel Allende, ma al vero Zorro, «la più umana delle giustizie divine». Non lo Zorro disegnato dai fumetti, non quello colorato dalle riviste pulp, non quello immortalato dal piccolo e dal grande schermo, e neppure quello della Storia (William Lamport, alias Guillén Lombardo de Guzman, nato in Irlanda nel 1615, massone, arrestato in Messico su ordine dell’Inquisizione nel 1642 per aver organizzato, con la magia nera e la stregoneria, un colpo di Stato nel Paese), ma lo Zorro che appartiene solo a chi lo ha sognato, a chi ha sperato che arrivasse, a chi ha creduto di vederlo in una notte di luna piena...
L’avvertimento - «Sto arrivando» - lo ha lanciato il vero Zorro (che non appartiene a nessuno perché è di tutti), con un messaggio perentorio lasciato ieri con tanto di Z bianca in campo nero sul sito www.zorro-libre.org, fan club eponimo firmato da un internauta misterioso (ma non per gli addetti ai lavori). Una lunga lettera in spagnolo, in italiano, in inglese (ma anche in latino: «Zorro sum, omnibus notus...») nella quale l’eroe mascherato punta la sua spada al cuore di John Gertz jr, cioè a colui che detiene i diritti del celebre personaggio e che ha cercato per anni uno scrittore all’altezza di cantare in un romanzo le sue gesta, fino a trovarlo nell’autrice più comprata del Sudamerica: Isabel Allende.
Come ha confessato lei stessa in una recente intervista, fu contattata nell’agosto del 2003 da un gruppo di sconosciuti guidati appunto da John Gertz (il cui padre aveva acquistato a suo tempo il copyright di Zorro dall’autore del romanzo originale) per riscriverne la saga. «Di cosa sta parlando? Io sono un’autrice seria. Non scrivo su commissione», rispose Isabel. Per ripensarci però - sussurrano i maligni - non appena le fu proposto il favoloso cachet. E così nacque Zorro. L’inizio della leggenda, ora tradotto anche in Italia dall’editore storico della Allende, Feltrinelli.
«E chi crede di essere questa signora Isabel Allende che, quando Gertz le ha chiesto di scrivere un romanzo su di me, ha risposto no. Salvo poi, dopo aver fatto due conti, cambiare idea dichiarando di amarmi e proponendo a Gertz di dividere gli utili a metà?», si domanda nel suo messaggio telematico la vecchia Volpe. «Chi è mai questa autrice seria? Sappia che io non voglio la sua passione pelosa. Conosco altre passioni».
Morale: «Zeta sul sedere di Gertz e di tutti i suoi soci. Zeta sul sedere dei suoi avvocati e dei suoi commercialisti. Niente zeta invece per la Allende, ma solo perché è una signora. Zorro non si ama per contratto. Zorro non si compra. Zorro non si vende».
Terminato il suo feuilleton postmoderno, l’autrice de La casa degli spiriti ha ammesso che scrivere Zorro «è stata una scoperta totalmente inattesa» e che si è divertita parecchio a far “sue” le avventure di don Diego de la Vega. Ma Zorro non ci casca. Non baratta la sua libertà per un romanzone, anche se destinato al top delle classifiche di vendita. «Da oggi, lo sappiano i miei “padroni”, su questo sito chiunque può raccontare le mie gesta. Liberamente. Da oggi, su questo sito, si possono denunciare tutti i crimini del copyright; questo nemico ipocrita e arrogante della poesia.

Da oggi quelle cricche del potere economico e politico che nel nome del Sacro Copyright paragonano i ragazzini che scaricano canzoni dalla rete a scassinatori o ad assassini, possono cominciare a tremare!». I (presunti) padroni di epopee altrui sono avvisati.

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