Roma - Diciamo subito che il look sfoggiato dal Colonnello sulla scaletta dell’aereo con cui sbarca a Roma, il classico «jeard libi», con le tutte le sfumature berbere al punto giusto, non fa propriamente pendant con il taglio impeccabile dei vestiti del ministro degli Esteri Franco Frattini che lo accoglie in aeroporto. Così come il pugno chiuso con cui Gheddafi ricambia i fan che lo attendono, non pare propriamente un prototipo del saluto del Cav. E le tute mimetiche con tacchi a spillo indossate dalle due amazzoni che lo scortano sulla scaletta, una in classico verde militare,l’altra con tutte le sfumature del blu, non fanno parte dell’immaginario estetico delle tailleurine berlusconiane in politica. Però, nonostante i gusti diversi di italiani e libici in fatto di vestiario, è indubitabile che l’ospite sia graditissimo: alla faccia dei monsignor Della Casa dell’ estetically correct , i trattati commerciali per favorire le aziende italiane, i risarcimenti ai nostri connazionali cacciati anni fa dalla Libia e, soprattutto, gli accordi sul pattugliamento delle coste che hanno praticamente azzerato gli sbarchi di clandestini a Lampedusa, valgono un occhio chiuso ( e forse anche tutti e due) sul taglio dei vestiti libici. Anche perché, rispetto alla volta scorsa, il «circo Gheddafi» è più sobrio, per quanto il concetto di sobrietà possa essere applicato al Colonnello. Niente foto dell’eroe libico applicata con uno spillone al vestito di Gheddafi e nemmeno villa Doria Pamphilj requisita per piantarci le tende della delegazione libica: stavolta, le tende sono piazzate nel giardino dell’ambasciatore della Libia in Italia, sulla via Cassia.
Però, la mancanza di qualcuna delle vecchie attrazioni non basta a sminuire lo spettacolo del «circo Gheddafi», che comprende i numeri più classici, ma anche qualcuno nuovo. Fra gli evergreen, ci sono le cinquecento ragazze (ma spunta anche qualche maschietto), reclutate da un’apposita agenzia per la lezione sul Corano del Colonnello, che arrivano in ambasciata a scaglioni: la maggior parte sfoggia pantaloni neri e camicia bianca su tacchi alti, ma non manca qualcuna in abito nero-capodanno. Secondo i «si dice», stavolta, la partecipazione sarebbe a titolo gratuito, senza il gettone di cinquanta euro dell’altr’anno, e la circostanza potrebbe essere decisiva per l’abbandono di due giovani che se ne vanno deluse. Ma le infedeli sono prontamente rimpiazzate (anzi, c’è anche un guadagno di un’unità) da tre ragazze che si convertono all’Islam seduta stante e vengono iniziate con uno speciale rito davanti al Colonnello. Per tutte, comunque, ci sono le sacre scritture distribuite alle partecipanti, un po’ come i gioiellifarfallina disegnati dal Cav e donati a Palazzo Grazioli. Il discorso di Gheddafi, del resto, è molto semplice e immediato: «Convertitevi all’Islam e seguite l’ultimo dei Profeti, Maometto. L’islam dovrebbe diventare la religione di tutta Europa». Roba che, se la sentono quelli di Farefuturo o di Futuro e libertà, notoriamente aperti al dialogo interreligioso, la smettono subito di storcere il naso davanti al Colonnello.
Come in ogni circo che si rispetti, non mancano i cavalli. I primi quattordici sbarcano da un volo speciale a Fiumicinoe se ne aspettano altri sedici, tutti berberi, che - insieme al carosello di 130 cavalli dei carabinieri- saranno protagonisti di uno spettacolo equestre alla caserma Salvo d’Acquisto di Tor di Quinto. Nel frattempo, vengono rifocillati nelle scuderie dell’Arma. E, a proposito di rifocillazioni, si prepara anche il grande buffet offerto in onore del Colonnello, che avrà come ospite d’onore il presidente del Consiglio: ottocento gli invitati.
Tutto questo, come dicevamo, è necessario e sufficiente a far insorgere i paladini dell’ estetically correct , da alcuni esponenti del Pd (ma non tutti, sono in molti, a partire da Massimo D’Alema a vantare buoni rapporti con il Colonnello e con la Libia), all’indignatissima Italia dei valori, partito che notoriamente fa dell’estetica e del taglio degli abiti dei suoi esponenti una delle sue bandiere.
A farsene portavoce più di tutti è il senatore Stefano Pedica che, dopo aver come al solito citato il terremoto con un parallelo fra le tende dell’Aquila e quelle di Gheddafi, parla di «totale asservimento agli sfizi del dittatore libico che ha preso il nostro Paese come località di vacanza all inclusive». Seguono risposte e controrisposte e indignazioni assortite.Insomma, il classico circo della politica. Almeno, quello di Gheddafi è più divertente.
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