(...) di Tursi e laltro è chiudere tutte e due gli occhi di fronte allo spettacolo desolante della miriade di mendicanti che popolano ogni giorno le nostre strade. Alcuni da anni, altri da mesi, qualcuno per qualche giorno, prima di sparire chissà dove.
Basta fare due passi nel salotto buono della città, vedi via XX Settembre, per contarne parecchi. Sempre installati negli stessi posti in una sorta di (tacita?) spartizione del territorio e della carità altrui. Come quelluomo che sosta ormai da anni nel sottopasso che collega via XX Settembre con piazza della Vittoria e che fa mostra della propria malattia tirandosi bene su la maglia e mostrando laddome per suscitare pena. Alla sera lo stesso uomo, dopo una giornata di «lavoro» si tira giù la maglia e con moglie e figli per mano prende lautobus alla fermata di via Fiume portando i sacchetti della spesa. Chi frequenta via Venti conosce bene un altro caso «pietoso»: quello dellanziano «operato al cuore due volte, aiutatemi per vivere vi prego», o quello del padrone del pastore tedesco con lictus che chiede soldi o medicine per il suo cane, la zingara con le gambe deformi (decisamente una veterana del ponte Monumentale), e ultimamente altri stranieri, recenti «acquisti». Che dire poi dei gruppi punkabestia che bivaccano davanti alla cattedrale di San Lorenzo? O dei mucchi di corpi sdraiati accanto alle bottiglie di birra e vino sui vari gradini di via San Vincenzo che usano poveri cuccioli, presi non si sa bene dove, per trascinarli con corde strette al collo come cappi? O, peggio, si spostano con diversi cani di grossa taglia, spesso pitbull, senza guinzaglio né museruola, lasciati liberi di vagare e annusare da vicino i passeggini? In una città «decorosa» fatti del genere non dovrebbero verificarsi. In caso contrario meglio il silenzio. Sempre. Meglio cioè non parlare di accoglienza se non si è in grado di offrire qualcosa di più che un marciapiede. E se non si è in grado di garantire ai cittadini di passeggiare per strada senza inciampare in bivacchi e sporcizia.
Se il decoro vale per i gradini di Palazzo Tursi, allora deve valere anche per tutte le altre zone della città. Sia ben chiaro, non periferie degradate che pure nelle città del terzo millennio non dovrebbero esistere, ma centri urbani di città darte.
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