Uno sbirro vecchio stampo lo sa bene: i criminali sono abitudinari. Prendono il caffè sempre allo stesso bar, bussano alla porta sempre della stessa donna e tornano sempre sul luogo del delitto. Le doti indispensabili di un bravo detective sono l’intuizione e la pazienza. Prima o poi il bandito si farà vedere dove non doveva e cadrà nella trappola. Non si sono in fondo inventati niente, quindi, i cervelloni al servizio della polizia di Santa Cruz, California, che hanno messo a punto un sofisticato software capace di prevedere dove e quando un crimine verrà commesso.
Un po’ come accade nel film futuristico Minority Report, in cui il poliziotto Tom Cruise utilizza le visioni premonitrici dei «precog», specie di preveggenti, per catturare i cattivi. Riporta il Secolo XIX che il sistema in sperimentazione a Santa Cruz è tutt’altro che fantascientifico, che funziona davvero e che verrà sviluppato. La polizia ha arrestato persone sul punto di commettere un reato, sulla base delle indicazioni del computer.
Grazie a un calcolo statistico il software dice in anticipo ai poliziotti che in quel luogo e a quell’ora è probabile che qualcuno tenti di rubare un’auto o di rapinare un bancomat. Gli agenti si appostano e beccano persone sospette che poi si rivelano essere ricercate da tempo oppure che hanno addosso droga e armi. Sembra un film, ma è reale.
E anche se non arriva a sapere quale delitto sta progettando un criminale, poco ci manca. Il sistema viene costantemente aggiornato con nuovi dati e diventa sempre più efficace. Mentre le forze dell’ordine organizzano turni e pattugliamenti in base a quello che dice il cervellone elettronico.
In realtà l’innovazione californiana ha un precedente tutto nostrano. Da un paio d’anni è in uso alla Questura di Milano «Key Crime», un sistema che aiuta gli agenti a cogliere sul fatto i rapinatori seriali non appena provano e mettere a segno un nuovo colpo. Come funziona? In modo simile al software americano, ma non solo suggerisce il dove e il quando. Sa anche chi commetterà il reato.
Key Crime immagazzina ed elabora decine di migliaia di informazioni raccolte sui luoghi delle rapine. Via, ora, modalità, abbigliamento del colpevole, descrizione fisica, arma usata, bottino, vie di fuga. I filmati delle telecamere di sorveglianza vengono incrociati con i rilievi degli agenti e con le testimonianze. Tutto viene registrato, dai tic del rapinatore, ai tatuaggi, persino la sua inflessione dialettale e il suo odore. Per scoprire che molti criminali prediligono una certa zona, una certa fascia oraria, una certa farmacia. Che lasciano quasi sempre una «firma» che può sfuggire all’occhio umano, ma non a quello informatico. Il gioco così è fatto: con ogni probabilità quel rapinatore colpirà di nuovo in quel quartiere e a quell’ora. Basta appostarsi nei punti della mappa di Key Crime. Il software milanese è stato messo a punto da due poliziotti del reparto dei «Falchi» nella Sala informatizzazione della Questura. Ci hanno lavorato nel tempo libero per dieci anni. Oggi viene usato sia dall’Ufficio prevenzione generale, quello che tra l’altro gestisce le Volanti, sia dalla Squadra mobile e ha portato a decine di arresti. Anche l’Fbi lo sta studiando per prendere spunto.
Si tratta in sostanza di sistemi che affiancano l’abilità degli investigatori. Quelli vecchio stampo già lo sapevano che l’esperienza insegna e che, come ripete ogni sbirro televisivo che si rispetti, «le coincidenze non esistono». I poliziotti di Santa Cruz però mettono in guardia da un effetto collaterale molto fastidioso.
Prevedere i crimini aiuta, certo, ma potrebbe diventare un pretesto per tagliare il numero degli agenti per le strade. Chissà se in futuro un computer rimpiazzerà il «bravo poliziotto che sa fare il suo mestiere e sa che ogni uomo ha un vizio, che lo farà cadere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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