Appena tre mesi dopo essersi insediato, il governo Berlusconi si trovò in uno scenario internazionale completamente mutato dall'attacco terroristico dell'11 settembre. Le conseguenze si sono fatte sentire sul piano economico, per il rallentamento dell'espansione, specie in Europa; sul piano della politica estera, per la ferma scelta del fronte della fermezza contro il terrorismo; sul piano della politica interna, per la necessità di aumentare le difese e la prevenzione contro attentati terroristici. Questa attività, subito avviata e orientata a rafforzare il coordinamento tra intelligence e forze di Polizia, ha trovato una sistemazione organica nella Legge Pisanu del luglio 2005 e una grande e positiva verifica nel successo dei Giochi olimpici invernali di Torino. Il centrosinistra si è spaccato: la sua ala estrema ha detto no alla Legge Pisanu, che invece è stata, pur con riserve, apprezzata dagli altri.
La sinistra che approva: «Le misure contro il terrorismo votate dalla stragrande maggioranza del Parlamento sono la risposta che il nostro Paese deve dare alla sfida del terrorismo e vogliono mettere i cittadini e il nostro Paese al riparo dai rischi a cui è esposto» (Piero Fassino, RaiNews24, 31 luglio 2005). «Forse qualcuno dimentica che la libertà non è attaccata da questo decreto, ma è minacciata oggi dal terrorismo» (Gavino Angius, capogruppo Ds al Senato, l'Unità, 27 luglio 2005).
La «Legge Pisanu» contro il terrorismo, la numero 155 varata dal Parlamento il 31 luglio del 2005, contiene disposizioni destinate a potenziare gli strumenti di controllo, di repressione e di contrasto delle attività di terrorismo. La nuova disposizione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del primo agosto 2005, in realtà convertiva in legge, con qualche modifica, il decreto numero 144 del 27 luglio sulle misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale.
Numerosi gli strumenti introdotti dai 19 articoli della nuova legge, entrata in vigore pochi giorni dopo gli attentati di Londra (7 luglio). Tra le misure più importanti, anche quelle che prevedono il «prelievo coattivo» della saliva nei confronti dei sospettati di terrorismo. Vengono inasprite, inoltre, le pene, fino a quattro anni di carcere, per chi è in possesso di documenti d'identità falsi. In più, entra nel Codice penale un nuovo reato: l'articolo 15 della legge, infatti, prescrive la reclusione da 7 a 15 anni per chi arruola terroristi e da 5 a 10 anni per chi li addestra.
La sinistra estrema che accusa: «Il pacchetto sicurezza è debole contro il terrorismo e pericoloso per le libertà civili dei cittadini» (Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, l'Unità, 27 luglio 2005). Il pacchetto sicurezza «è totalmente inefficace ad aggredire alla radice il problema del terrorismo» (Franco Giordano, capogruppo di Rifondazione comunista alla Camera, l'Unità, 27 luglio 2005). «Abbiamo forti motivi di perplessità sul merito: le misure restrittive non hanno nessun risultato efficace. Bisogna evitare la spirale emergenziale» (Cesare Salvi, Ds, l'Unità del 23 luglio 2005).
I fatti hanno smentito queste accuse. Un primo bilancio è stato fatto dal ministro dell'Interno Pisanu che, al convegno della Fondazione Nova Respublica svoltosi il 28 febbraio scorso a Milano, ha detto: «Abbiamo cercato di fronteggiare la minaccia del terrorismo internazionale, pur sapendo che essa continua ad incombere pericolosamente su tutta l'Europa, con una intensissima attività di prevenzione: oggi controlliamo 13.000 obiettivi sensibili, monitoriamo tutti gli ambienti a rischio». Quanto ad alcuni risultati specifici, ha aggiunto: «Negli ultimi cinque anni abbiamo arrestato 203 persone sospette di terrorismo, mentre un'altra trentina le abbiamo allontanate, per mia autonoma decisione, in quanto considerate pericolose per la sicurezza dello Stato». Consensi sono arrivati dall'Unione europea: «L'Italia - ha detto il ministro Castelli - ha fatto da battistrada in sede di Consiglio europeo per quanto riguarda la conservazione dei dati internet e telefonici come strumento di contrasto al terrorismo internazionale, alla pedopornografia, al riciclaggio e alle truffe telematiche».
I Verdi contro la Lega: «L'unità che serve contro il terrorismo in un momento così delicato si deve fondare su norme serie ed efficaci, quanto più possibile condivise, non certo sulla propaganda e la demagogia. (...) Questo pacchetto sicurezza è stato infarcito dalla Lega di propaganda estremista» (Alfonso Pecoraro Scanio, su www.pecoraroscanio.it, 29 luglio 2005).
Il leader dei Verdi se la prende con l'emendamento, proposto dalla Lega Nord. In realtà, come ha spiegato Ettore Pirovano, capogruppo della Lega, «non è altro che l'inasprimento della legge 152 del 1975 che proibisce di circolare in luoghi pubblici con il viso coperto: si passa da 6 mesi a 1 anno e da 1 a 2 anni e l'ammenda è passata da mille a duemila euro».
Nella Legge Pisanu, infatti, si dice: «È vietato l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo». Quindi, come ha fatto notare Pirovano, la legge già esisteva: «Le forze dell'ordine possono e devono impedire che donne e uomini circolino per le strade e nei luoghi aperti al pubblico con il viso coperto da chador, burqa, caschi integrali o quant'altro. Confido - ha aggiunto - che non sia soltanto la Lega a pretendere parità di diritti da chi aderisce a religioni che intaccano la dignità degli esseri umani e i nostri cittadini che aderiscono a una religione che consente il libero arbitrio».
La sinistra non risparmia le Olimpiadi: «Con il pretesto di lanciare un appello agli italiani sulle Olimpiadi, il premier vuole usurpare un altro spazio televisivo. Manifestare pacificamente è legittimo. Se invece il premier vuole lanciare un'offensiva repressiva contro la critica non violenta, si ricordi che l'Italia è ancora un Paese democratico, nonostante i suoi tentativi di renderlo una Repubblica delle banane» (Alfonso Pecoraro Scanio, Carta, 9 febbraio 2006).
Il leader dei Verdi ha attaccato questa dichiarazione di Berlusconi: «Valuterò se fare un appello vibrante a tutti gli italiani affinché non facciamo il male di noi stessi in una occasione come le Olimpiadi, che dovrebbero portare il nostro Paese, con tutta la fatica, il lavoro e gli investimenti che abbiamo fatto, su tutte le tv del mondo».
L'appuntamento olimpico era stato considerato ad alto rischio terrorismo. Berlusconi ha detto: «Il governo ha lavorato in profondità per la sicurezza delle Olimpiadi invernali. Abbiamo lavorato sul controllo del territorio, sull'intelligence, il coordinamento delle forze di polizia, grazie all'attivazione di 77 centrali, con l'obiettivo della prevenzione dei reati».
I risultati sono stati sotto gli occhi di tutti: un'organizzazione che ha dato prova di efficienza e validità, tanto da farne un «modello esportabile in futuro per altri grandi eventi», ha detto con soddisfazione il prefetto di Torino, Goffredo Sottile. I numeri confermano la straordinarietà dell'impegno che le forze dell'ordine hanno dovuto affrontare. Li ha elencati il ministro dell'Interno il 27 febbraio scorso: «Sono stati 37 i siti olimpici dislocati in 7 comuni, compresa la stessa Torino. Vista l'enorme estensione territoriale degli stessi siti olimpici (competitivi, non competitivi e residenziali) sia nella città di Torino sia nella provincia, sono stati individuati e protetti 2960 obiettivi sensibili».
Attacco all'intelligence: «Sono anni che c'è dinanzi ai nostri occhi il disegno della degradazione dell'intelligence. Sotto l'ombrello della minaccia del terrorismo islamico e delle scelte di politica internazionale, il governo chiede alle "barbe finte" di "politicizzarsi", di manipolare la realtà a fini politici» (Giuseppe D'Avanzo, La Repubblica, 11 marzo 2006).
Salvo alcune eccezioni, e limitatamente a casi particolari, la sinistra ha riconosciuto ai servizi d'intelligence un forte impegno nella lotta contro il terrorismo. In effetti, l'impegno del governo in questa direzione è stato considerevole e si è concentrato a rafforzare i rapporti tra le forze di polizia e l'intelligence, «con la conseguenza poco visibile, ma assai efficace, di aver steso una rete di allerta contro il terrorismo internazionale che finora ha funzionato», ha scritto Marco Lodovico su Il Sole 24 Ore (27 dicembre 2005).
Questo sforzo si è concretizzato attraverso l'azione del C.A.S.A. (Comitato di analisi strategica antiterrorismo), una struttura presieduta dal prefetto Carlo De Stefano, direttore dell'Ucigos, dove affluiscono tutte le segnalazioni sul livello di minaccia contro l'Italia e si prendono le decisioni operative con perquisizioni, arresti, espulsioni. Ed è qui che si decide il livello di allerta del nostro Paese. «Si tratta di una struttura che lavora dietro le quinte - continua Lodovico su Il Sole 24 Ore - e mette a fattor comune il lavoro di Polizia, Carabinieri, Finanza, Sismi e Sisde. Il risultato, preziosissimo per il lavoro di prevenzione, è l'essere riusciti a scremare la massa enorme di segnalazioni inattendibili di attentati e rischi in atto».
La sinistra non riconosce i risultati contro le Br: «È una penosa propaganda. Le Brigate Rosse, se sono state fermate, è stato possibile grazie al sacrificio di Emanuele Petri, al lavoro dell'autorità giudiziaria e delle forze di polizia» (Massimo Brutti, responsabile nazionale dei Ds per la Giustizia, Corriere della Sera, 27 novembre 2005). «Le Brigate rosse sono state sconfitte alla fine degli anni '70 dalla solidarietà politica e dal popolo italiano. Poi, episodi successivi sono stati combattuti» (Pierluigi Castagnetti, Margherita, Corriere della Sera, 27 novembre 2005).
L'accusa della sinistra al governo di non aver trattato la minaccia brigatista con serietà e attenzione è surreale. Ha precisato Berlusconi: «È stato il nostro governo, non altri, ad aver assicurato in breve tempo alla giustizia gli assassini di Massimo D'Antona e Marco Biagi» (26 novembre 2005). Il ministro Pisanu, nell'agosto 2005, aveva presentato il Rapporto quadriennale sulla sicurezza. Allora nessuno del centrosinistra aveva osato protestare contro le parole del responsabile del Viminale: «L'azione di contrasto al terrorismo di area marxista-leninista ha condotto, nell'ultimo periodo, all'arresto di 94 persone a fronte delle 35 catturate nel quadriennio 1997-2001. Tra queste vi sono 17 militanti delle Nuove Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente, coinvolti negli omicidi Biagi e D'Antona e nel tragico episodio che costò la vita ad Emanuele Petri, il sovrintendente della Polizia ucciso il 2 marzo del 2003 in uno scontro a fuoco con il brigatista Mario Galesi sul treno Roma-Firenze».
Conclusione
Con il terrorismo non si è mai sicuri. È stato dimostrato che può colpire ovunque. Ma l'Italia, per molti aspetti in prima fila, in questi cinque anni di governo di centrodestra ha impiegato al meglio le risorse disponibili, ha ottenuto la collaborazione tra intelligence e forze di Polizia, ha conseguito risultati concreti sul campo, ha superato la grande prova delle Olimpiadi di Torino.
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