Cultura e Spettacoli

Ecco i biglietti con "Buon Natale" pronto da sbarrare

Ultima moda: arrivano gli auguri prestampati. Perfetti per una società che fa coincidere il Bene con un atto burocratico

Non voglio entrare nel contenuto di un augurio così impegnativo come quello che, soprappensiero, ci scambiamo alle feste di fine anno: Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Voglio parlare della comunicazione di questo augurio, o della sua prudenziale messa tra parentesi. Il mercato si adopera da molti decenni in questo esercizio di distrazione, in questa provvidenziale supplenza. Nella mia vita ho ricevuto biglietti di ogni genere. Editori e grafici le studiano tutte per esplorare le infinite gamme emotive che questa formula comprende: dalla pietas (tenerezza, sentimenti pacifici, voglia di coccole, familismo, gioia di rivedersi) alla sfrenatezza festaiola (agnolotto, avventure galanti, panettone, trasgressione). Ho ricevuto biglietti che suonavano, che muggivano, biglietti pelosi, biglietti al profumo di panettone, biglietti da abbracciare... Mi spiace di averli gettati via, perché le stagioni passano e con le stagioni le mode, e così certi gusti si perdono. Avrei dovuto pensare a una collezione.

Il denominatore comune è, comunque, quello del sentimento, del calore umano. Che è un sentimento molto «global», se mantenuto sulle generali. Un «Buon Natale» detto in luogo pubblico potrebbe infatti diventare reato, in quanto offensivo delle minoranze. Ma per l’industria dell’augurio il Natale deve significare soprattutto Manhattan sotto la neve, un grande albero addobbato in Rockfeller Plaza con tanti ragazzini che pattinano felici. Tutto questo ha qualcosa di burocratico, sa di atto dovuto, questo è evidente. Ma di qui a immaginare una forma totalmente protocollare, ufficiale, grigia, senza cuore dell’augurio ce ne voleva.

E adesso eccola, finalmente. Per l’Augurio Natalizio si spalancano nuove frontiere. È il foglio ufficiale, prestampato, in A4, datato, protocollato, fotocopiabile (in modo da moltiplicare la matrice ma anche da produrre copie d’archivio del materiale inviato), di uso molto pratico perché buono per ogni occasione. Esso prevede: 1) uno spazio per il nome del destinatario; 2) uno spazio con sei diverse opzioni di augurio, che il mittente s’incarica di crociare secondo l’occasione: Buon Natale, Felice Anno Nuovo, Buona Pasqua, Buon Compleanno, Buon Onomastico, più (delicatezza d’animo) una sesta opzione libera: Buon Divorzio, Buon Viaggio, Buona Operazione, e così via.

Il foglio è sempre quello. Il suo uso consente di evitare il fastidio di trovare una frasetta spiritosa o edificante con cui far precedere la firma. Qui lo spazio della firma non c’è nemmeno: la firma coincide con l’intestazione.

Come si è arrivati a tutto questo? Io non do troppa colpa al formalismo, che c’è sempre stato: nessuno di noi è sempre sincero, tante cose si fanno perché si devono fare, e basta. Qui c’è dell’altro. C’è la persuasione - secondo me di origine e natura legalista e giustizialista - che il bene coincida con l’espletamento di un atto formale, di una procedura. Che un atto sia buono in quanto compiuto ufficialmente, che la forma sia sufficiente garanzia di giustizia.

Quanti esempi, ben più grossi, ci troviamo davanti nella cronaca e nella vita quotidiana, a questo proposito.

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