I figli crescono e si ribellano. Succede, anche quando il padre fa il dittatore. È successo a Castro, stessa sorte ora anche al fratello Raul. Figlie ribelli e testarde, Mariela come Alina. Nel 1993 Fidel ha visto la sua Alina partire, mascherata da turista per scappare come un rifugiato qualunque. Una figlia tosta, Alina Fernandez Revuelta. Unica discendente del lider maximo, trasgressiva e indisciplinata fin da quando era bambina. A Miami si è rifatta una vita lontana dal suo passato, conduce un programma radio e racconta: «Sono fuggita nel 1993 in Spagna travestita da turista perché mio padre mi considerava una nemica politica e mi teneva sotto controllo. Mi negò il permesso per uscire dal Paese. Ero una marziana reduce da un pianeta lontano e dimenticato». Alina sputa veleno e assicura: «Io sarò sempre una ribelle e non tornerò mai per riabbracciare Fidel, nemmeno per il suo funerale». Figlie che odiano i padri e si vendicano raccontandoli nelle interviste e nei film, (Castro’s daughter: an exile’s Memoir of Cuba), prodotto dal Premio Oscar Bobby Moresco di Million Dollar Baby. «A tre anni gli show di Topolino furono rimpiazzati dalle esecuzioni ordinate da mio padre».
Oggi il regime fa uno sforzo per cambiare. La nipote Mariela è in testa a questo cambiamento. È lei che guida una nuova rivoluzione. Lo fa a partire dai gay, come simbolo del nuovo corso cubano in fatto di sessualità. Infatti se suo zio Fidel e suo padre Raul avevano costruito lager per la rieducazione degli omosessuali, lei lotta contro il maschilismo dei cubani per affermare i loro diritti e sfila in testa ai cortei gay. Eppure oggi Mariela vuole procedere con i piedi di piombo. Sa che rompere ora con il regime non funzionerebbe. Ora che si stanno facendo sforzi per cambiare. Cerca la linea morbida, quella interna. L’altro ieri ha debutto su Twitter, forma democratica per eccellenza di comunicazione. Tanto che lì ha trovato subito una voce contraria e nemica. Yoani Sanchez, blogger cubana anti-governativa l’ha subito attaccata, lei ha reagito, ne è nato un battibecco on-line. Yoani contro Mariela che colpita ha tentato di difendere il nuovo corso. Cioè ribelle sì, ma per il momento meglio non esagerare con gli strappi.
Ma non solo a Cuba escono storie di figli ribelli. Quando il nipote pop di Kim Jong-il è riuscito ad avere accesso a internet il padre, Kim Jong-nam deve essere caduto dalla sedia per lo choc. Sul profilo Facebook il sedicenne Kim Han Sol si è presentato con capelli biondi ossigenati e vestiti alla moda e ha scritto: «Al comunismo preferisco la democrazia». Ma non solo, ha poi elencato interessi e film preferiti (al primo posto Love Actually, commedia romantica con Emma Thompson e Hugh Grant). Gusti decisamente troppo occidentali per il figlio maggiore del numero uno del regime di Pyongyang che ha subito tentato di correre ai ripari bloccando il suo account. Figli cresciuti nell’oro e nell’opulenza che da grandi tradiscono il padre e i suoi ideali. Anche tra i figli di Bin Laden c’è stata una pecora bianca. Omar è cresciuto nel lusso e nello sfarzo e quando il severo genitore ha tentato di spedirlo in un campo di addestramento di Al Qaeda, la sua natura di figlio ribelle è venuta alla luce. È fuggito negli Stati Uniti da dove ha sempre lavorato per la pace.
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