Ecco i punti fermi della Lega: fisco, grandi opere e sicurezza

nostro inviato a Vicenza

Niente pedaggio sulle autostrade del Nord, federalismo istituzionale con la creazione di tre grandi euroregioni e, soprattutto, federalismo fiscale, con il 90 per cento del gettito che resta nella Padania per i prossimi dieci anni. Ecco il programma elettorale della Lega Nord elaborato dal Parlamento di Vicenza. «Punti che integrano gli obiettivi del Popolo della libertà perché centrati sulle esigenze del Nord», dice Roberto Maroni rivendicando una certa autonomia.
La star della giornata è stato Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella, l’uomo delle ordinanze anti-sbandati che vengono inserite pari pari nel programma elettorale della Lega Nord. Quando sale sul palco, l’auditorium della fiera di Vicenza sembra esplodere. Ma lui non si fa travolgere, è tranquillo e determinato, elenca i punti programmatici che dovranno garantire la sicurezza dei cittadini, esprime serietà e concretezza: tutt’altra pasta dalle sparate alla Gentilini. Bitonci è l’emblema di una nuova generazione di amministratori leghisti che non ce l’hanno con Roma ladrona e non dicono «Forza Vesuvio», ma citano commi e recitano leggi, di verde padano portano solo un fazzoletto nel taschino e sembrano appena usciti da un master della Bocconi.
Il programma leghista punta molto sull’apporto dei sindaci leghisti. Punto primo, lotta senza quartiere all’immigrazione clandestina. Federico Bricolo e Manuela Dal Lago illustrano due mozioni farcite di dettami per regolamentare la presenza degli stranieri: conoscenza della nostra lingua (dialetto compreso), cultura e tradizione; niente matrimoni tra clandestini; uso delle forze armate ai confini nazionali; aumento del numero dei centri di permanenza temporanea; ampliamento dei poteri dei sindaci in materia di espulsione; preferenza all’ingresso di discendenti di italiani a scapito dei musulmani; obbligo di parlare italiano nelle moschee; maggiori controlli sanitari.
Il catalogo dei provvedimenti è lungo e dettagliato. Poi ci sono le misure per garantire la sicurezza: controlli sui call-center, riforma dell’anagrafe per la concessione della residenza, legittimazione delle ronde volontarie, più poteri alla polizia. Mario Borghezio arriva a chiedere una polizia del Nord «concepita e diretta lontano da Roma ladrona». Giancarlo Giorgetti spiega la mozione sulle infrastrutture, felice perché «nel programma del Pdl si parla di Pedemontana in Lombardia e in Veneto prima del ponte sullo Stretto» e deciso a difendere Malpensa, «il nostro ponte con il mondo».
Ma è il federalismo il piatto forte del Carroccio, anche se il popolo leghista si fa entusiasmare più dalla prospettiva di non pagare i pedaggi autostradali e dalla sequela di misure contro i clandestini. Maroni e Calderoli invece insistono sul federalismo nelle istituzioni (creazione di tre euroregioni «secondo il diritto comunitario» con sovranità esclusiva, Senato federale, soppressione delle prefetture) e nel fisco. Ieri l’intervento finale di Bossi ha tagliato corto con il dettaglio della riforma tributaria padana, riassumibile con queste parole di Maroni: «Chiederemo con fermezza che il 90 per cento delle tasse pagate in Padania rimangano qua per i prossimi 10 anni in via transitoria. Poi ci accontenteremo del 50 per cento.

In questo modo potremo risolvere tutti i problemi e realizzare le infrastrutture, dare un aiuto alle famiglie, risolvere le questioni legate alla sicurezza fornendo poteri e risorse ai sindaci». Calderoli ha chiesto invece una data certa per l’approvazione del pacchetto fiscale: il 15 giugno. Ma Bossi l’ha invitato a non esagerare con gli ultimatum a Berlusconi.

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