L’acrobazia è il suo mestiere. «Io - spiega al Giornale - voglio il Terzo Polo e voglio che stia nel centrodestra». Detto fatto, Deodato Scanderebech, profilo ascetico, cognome albanese, origini salentine e studi al Politecnico di Torino, si è messo all’opera per avvicinarsi alla meta. E così ha lasciato l’Udc di Pier Ferdinando Casini e si è sistemato fra le truppe di Fli, tamponando l’uscita in simultanea dal partito di Fini di Antonio Buonfiglio. Si sa, di questi tempi, il traffico dei parlamentari provoca ingorghi continui. Chi va a destra e chi a sinistra, chi torna sui suoi passi e chi non sa neanche dov’è. Ma Scanderebch rischia di essere un primatista pure in questo caos.
Altro che Clemente Mastella, icona dei voltagabbana, perennemente acquartierato nei pressi della frontiera. Questo ingegnere meccanico ormai sul crinale dei sessant’anni è tutto una capriola e una giravolta. Ma guai a citargli i venduti, i traditori, quelli che han cambiato casacca per arraffare un incarico o almeno uno strapuntino. E risponde alle frecciate con una teoria che vale almeno quanto quella sul Terzo polo: «Sono gli altri a cambiare direzione, io sto sempre nello stesso punto, nel centrodestra e da lì non mi sposto. Mi piace lavorare e stare con la gente, non amo sedie o poltrone». Non è chiarissimo ma è sincero e poi, a modo suo, il deputato tre volte ex, ex Udc, ex Pdl e ex Fi, interpreta il disagio generale nella tempesta magnetica della politica.
«Mi piace il progetto di Fini», racconta serafico. E allora perché non ha aderito l’anno scorso quando Fini e il suo Fli andavano di moda? Sarebbe troppo semplice cercare una spiegazione; l’anno scorso, di questi tempi, Scanderebech costituiva un’enclave a sé, un problema di rilevanza nazionale e insieme un enigma. Perché nel giro di pochi mesi era riuscito a sganciarsi dall’Udc e togliere a Mercedes Bresso 13 mila pesantissimi voti sul filo di lana delle Regionali vinte di un soffio da Roberto Cota, a fare il suo ingresso in piena estate nel Pdl e a uscirne veloce come un lampo. La sua seconda permanenza nell’Udc è durata un anno: dal 24 settembre 2010 al 22 settembre 2011. Ora nuovo giro di valzer. «Me ne sono andato - aggiunge - d’accordo con Casini, direi con la benedizione di Casini». Addirittura. «L’Udc è radicato in Piemonte, Fli è tutto da costruire. Io sono stato nominato coordinatore regionale, c’è tanto da fare».
Ironia della sorte, Scanderebech ha preso il posto che era stato solo qualche mese prima di Roberto Rosso, che già negli anni Novanta era il suo punto di riferimento in Forza Italia e in tempi più recenti si è spostato sul meridiano di Fini, diventandone il luogotenente a Torino, per poi pentirsi e rientrare nei ranghi berlusconiani.
«Io sono fedele ai miei elettori», assicura lo «slalomista» anche se i suoi elettori devono consultare un bollettino per capirne le mosse. «Sono gli altri che ondeggiano». Lui, negli anni Novanta ondeggiava in Forza Italia. Poi ebbe contrasti con Enzo Ghigo, l’antagonista di Rosso in Piemonte, e nel 2005 passò all’Udc. Nel 2010 il pasticcio e il triplo salto. L’Udc che stava all’opposizione della Bresso cappotta e spinge la zarina rossa. Lui fonda una sua lista, Al centro con Scanderebech, e si sfila dall’alleanza. È decisivo: ottiene 13 mila voti e Cota vince per soli 9 mila. Un successo ingarbugliato e contestassimo: Scanderebch diventa il bersaglio dei ricorsi al Tar del centrosinistra. La sua posizione è sempre più scomoda. Come si fa a stare nell’Udc e contemporaneamente con Cota? In estate ecco l’ulteriore colpo di scena. Michele Vietti lascia il seggio di deputato e diventa vicepresidente del Csm.
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