A parte «parassiti e delinquenti», il partito di Gianfranco Fini, Futuro e libertà, «non alza steccati pregiudiziali» ed è pronto ad accogliere anche chi, in passato, ha creduto «all’utopia socialista». Lo ha detto il presidente della Camera, ieri a Milano. Il luogo comune vuole che sinistra e destra siano categorie superate in quanto espressione del passato novecentesco, contenitori senza contenuto, paradigmi mandati in pensione dal postmoderno ecc. ecc. Salvo ridiventare attualissime non appena si presenti una scelta concreta: dai problemi etici al diverso atteggiamento sul ruolo e sul peso dello Stato.
Per questo, un partito che si rivolga a chiunque, finora inedito, pare destinato a sbriciolarsi. Dentro a Futuro e libertà ci sono già statalisti e antistatalisti, post fascisti e qualche (sparuto) liberale. Manca giusto qualche post comunista per completare il minestrone. Il leader batte un colpo: apriamo «all’utopia socialista». Gli intellettuali rispondono in coro. Oggi a Milano, al Teatro Franco Parenti, si presenta il Manifesto di Ottobre , un appello «per una rinascita della res publica e per un nuovo impegno politicoculturale », come scrivono i promotori. I quali orbitano nella galassia finiana, chi più chi meno, anche se il Manifesto è iniziativa autonoma. Essi sono Monica Centanni, filologa classica, vicina a Futuro e libertà; Fiorello Cortiana, tra i fondatori dei verdi italiani ed europei; Peppe Nanni, animatore del Forum delle Idee e militante di lungo corso nella destra; Carmelo Palma, direttore della Fondazione Libertiamo, legata a Benedetto Della Vedova. Il Manifesto desta curiosità, soprattutto perché ha raccolto qualche consenso a sinistra, tra chi credeva «all’utopia socialista ». Tra i primi cinquanta firmatari, oltre a personalità che ti aspetti (Alessandro Campi, Giuliano Compagno, Franco Cardini, Sofia Ventura, Gino Agnese, Daniele Tranchida), ci sono nomi noti del mondo post marxista o liberal, come Giacomo Marramao, Giulio Giorello, Nadia Fusini, Maurizio Calvesi, Giuseppe Leonelli, Franco La Cecla. C’è anche il direttore della Mostra internazionale d’arte cinematografica Marco Müller.
Manca invece Massimo Cacciari, dato nei giorni scorsi come sicuro aderente, perché troppo addentro in prima persona nella politica. Ma, a detta degli organizzatori, il filosof o è comunque molto attento alla questione e disposto al dialogo. Cosa significa questa convergenza trasversale? A esempio, che la proposta, pur essendo centrata sui temi finiani (patriottismo repubblicano, cittadinanza, legalità eccetera), è sufficientemente vaga da accontentare tutti. Che significa, in concreto, portare avanti un’idea «espansiva e non puramente negativa della libertà » incoraggiando «l’attiva partecipazione dei cittadini alla vita pubblica» o «rappresentare gli “invisibili”, la realtà molecolare e disaggregata degli outsider» la cui «precarietà, prima ancora che da condizioni economiche e sociali, dipende da ragioni di esclusione e di afasia politica»? Potrebbe voler dire tutto e quindi nulla.
Il Manifesto pone alla politica i seguenti obiettivi: proteggere e custodire i «diritti civili, che vanno precisamente declinati e garantiti »; prendersi «cura del bene comune»; difendere «il paesaggio italiano»; stimolare il «senso di proprietà collettiva del patrimonio nazionale, materiale e immateriale»; investire «strategicamente nella ricerca»; accrescere «il capitale sociale rappresentato dall’intelligenza e dalle virtù civili italiane»; rispondere «con parole e azioni adeguate alle opportunità e alle sfide della scienza e della tecnologia» e infin e virare «la forza dinamica sprigionata dalla crisi» in «energia produttiva». Nobili propositi. Ma quale corrente di pensiero o forza politica, dall’estrema destra all’estrema sinistra, proporrebbe il contrario? Nessuna. Giustamente, i firmatari scrivono che «occorre abbandonare la retorica ». Per ora non danno il buon esempio. Per cui la distinzione fra chi s a «progettare il presente e il futuro» e chi «difende l’esistente come il miglior mond o possibile» risulta uno slogan, quasi elettorale vista la consonanza col movimento del presidente della Camera.
Alla fine, l’unico passaggio che può risultare indigesto e controverso è questo: «Senza cielo politico non c’è cultura, m a soltanto erudizione e retorica» quindi u n rinnovato impegno civile è indispensabile vista «la stretta relazione tra Potere e Sapere che dà virtù all’etica pubblica».
Allora torniamo all’intellettuale consigliere del Principe? Speriamo di no, è roba da marxisti anni Sessanta. Altro che «progettare il presente e il futuro». Qui c’è solo l’apertura al passato, quello «dell’utopia socialista».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.