«Ecco la mia ricetta per battere Alonso: studiarlo e copiarlo»

nostro inviato

a Madonna di Campiglio

Di per sé la scena è triste. Come in autostrada, quando sull’altra carreggiata fumano i resti del mega incidente e tutti rallentano per curiosare. Qui sulla neve, Felipe Massa è stato guardato così: con morbosa e tracimante attenzione. Tutti fissi e dritti su di lui e le ferite rimarginate e la fronte spaccata in Ungheria e quel viso stravolto e impressionante che fece il giro del mondo. Ha ragione Felipe mentre siede e scruta la morbosa platea e «’zo volete? ’zo guardate?» sembrano urlare gli occhi neri e scintillanti. No, che tornino tutti ad accelerare sulla carreggiata, non c’è davvero nulla da guardare: Massa è integro e guarito, senza segni sul corpo e nell’animo perché «anzi, l’incidente mi ha reso ancora più forte».
Che diavolo Felipe, però lei sembra specializzato in problemi. «È vero, in carriera ho sempre dovuto lottare più degli altri».
E adesso, oltre a ritrovarsi accanto un mastino come Alonso, dovrà per di più affrontarlo al rientro dopo essersi quasi ammazzato.
«Però sono tranquillo, ci sono abituato. Nelle formule minori, quando arrivai in Europa, avevo soldi per tre corse e poi via, a casa. Ma ce la feci. E poi Villeneuve (in Sauber, ndr), Schumi, Raikkonen... Al mio fianco ho sempre solo trovato campioni del mondo... Ma è proprio grazie a tutto questo che ho imparato tanto».
Sarebbe meglio vincere e basta.
«No, nei momenti difficili apprendi più che da una vittoria».
Però aver sempre a che fare con campioni del mondo in squadra...
«Se guidi una Ferrari devi fartene una ragione: in squadra troverai sempre un compagno molto forte».
Quindi Alonso?
«Credo proprio che sapremo lavorare bene assieme e io lo studierò nell’approccio fuori e dentro la pista, controllando i suoi dati in accelerazione, frenata, ovunque. Imparerò ancora».
Non teme fuochi d’artificio fra due talenti latini?
«Dobbiamo solo lavorare bene assieme, perché sappiamo cosa fare e se fuori pista saremo uniti, una volta in gara i risultati arriveranno. Ovvio: al semaforo verde cercherò di stargli davanti... Voglio il titolo mondiale».
Quanto le rode il 2008, quel campionato sfuggito all’ultima curva?
«In Brasile feci una gara perfetta, disputai una grande stagione. È chiaro, voglio di più, mi sento pronto, mi sento in una posizione forte per vincere il titolo... magari per un punto conquistato all’ultimo metro».
Però il 2008 è anche l’anno del Gp di Singapore, dell’incidente che Piquet dice di aver provocato volutamente...
«Mi auguro solo che queste cose non riaccadano. Ora voglio solo diventare campione del mondo. Però, mesi prima che scoppiasse lo scandalo, chiesi a Nelson che cosa fosse successo, visto che era stato tutto così perfetto per la Renault... Lui non volle dirmi la verità e si mise a ridere e allora gli risposi: “Ok, tu ridi, ma io ho capito”. Lo domandai anche a Briatore e lui disse che “no, no, era impossibile” e ci scherzò su».
La Federazione non avrebbe fatto meglio a cancellare il risultato? Ora il titolo sarebbe suo.
«In effetti non sarebbe stato difficile cambiare la classifica».
Andiamo oltre. Schumi torna, ma Schumi suo maestro ora, per i tifosi Ferrari, è un traditore?
«Fuori pista resta un amico. Ma in gara sarà molto importante batterlo».
Lei sarebbe tornato e pur di farlo avrebbe tradito la Ferrari?
«Difficile dirlo. Perché nella mia testa non è ancora entrata l’idea di ritirarmi. Se da una parte il suo ritorno è un bene per lo sport, dall’altra non so se sia stata una scelta giusta per lui. Certo deve essere stato difficile per lui, nel 2006, decidere di smettere pur lottando per il mondiale. Però è davvero strano vederlo con un’altra squadra. D’altra parte era improbabile che tornasse su una Rossa: Alonso sotto contratto, io anche...».
Sia sincero: dopo l’incidente non ha temuto che la Ferrari affidasse a Schumi la Rossa 2010?
«No, anche perché sono molto grato alla squadra per come si è comportata. Ho sempre saputo che in un momento simile mi sarebbe stata vicina, ma è andata oltre: mi ha dato più forza di quanto pensassi, regalandomi tranquillità, facendomi capire che il mio posto era al sicuro».
Visto che è fresco padre di Felipinho, sa che si usa dire: i papà piloti sono più lenti?
«E infatti dopo la nascita di due figli, Schumi vinse 5 titoli di fila».
Sempre Schumi... Meglio parlare di Alonso: lo sa che in Spagna nessuno la vede come suo rivale?
«Non importa: la mia vita è così, l’ho già sentita altre volte questa storia e poi ho sempre saputo battere i miei compagni».
E si è chiarito con lui per il dopo Gp di Germania 2007, quando, in italiano, vi mandaste letteralmente a quel paese?
«Fu solo una discussione. Io gli feci i complimenti per la gara (ride) e lui, visto il nostro duello in pista, li prese come uno sfottò, mi disse che non ero onesto, poi però si scusò.

Tutto passato, tutto finito. Come quando litighi con la mamma: si dimentica presto ogni cosa. E infatti stiamo già collaborando molto, stiamo parlando tantissimo... Con Fernando, in pochi giorni, ho conversato più che con Raikkonen in tre anni».

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