Ecco le mosse del Cav per superare la crisi

La tassa di solidarietà può essere rimodulata. Poi il premier proverà a convincere Bossi sulle pensioni

Ecco le mosse del Cav 
per superare la crisi

Nell'estate più calda degli ultimi decenni Silvio Berlusconi cerca un po' di fresco nella sua residenza di Arcore. Un riposo discreto e di pochi giorni per riordinare le idee e preparare l'appuntamento dell'anno e forse dell'intera vita politica, quella manovra finanziaria che può cambiare il futuro del governo, del partito e, ovviamente, del Paese. La porta attraverso la quale bisogna passare è stretta.

Ci sono da conciliare le con­dizioni poste dall'Europa per sostenere i nostri titoli di Stato (ne ha già acquistati per cento miliardi) e gli interessi dell'alleato Lega con i diciott'anni di storia liberale che nessuno, dentro il Pdl, ha intenzione di tradire. Impresa non facile. Bisogna tentare un patto anche con la parte più responsabile dell'opposizio­ne ma soprattutto con gli italiani moderati, storditi dal precipitare degli eventi e dalla ridda di voci che di giorno in giorno si rincorrono sui giornali. E allora bisogna andare con ordine. Primo punto. I fatti dimostrano che la crisi non ha nulla a che vedere con la politica del governo, ma parte da molto lonta­no: ci sono le difficoltà dell'America di Obama, la cre­scita incontenibile dell'economia e della finanza ci­nese, il fallimento dell'unione politica europea. Se­condo punto: l'Italia è più colpita di altre nazioni europee per via di un debito pubblico esploso nella prima Repubblica con la benedizione e per colpa di molti politici e soggetti che ancora calcano la scena facen­do i finti tonti ( da Napolitano ai sindacati a Confindu­stria). Terzo punto: la rivoluzione liberale promessa da Berlusconi è vero che è incompiuta ma non è ar­chiviata.

Chiunque altro si sarebbe arreso da tempo sotto l'incalzare delle offensive giudiziarie, mediati­che, gli attacchi al patrimonio personale e alla perso­na fisica, con il risultato che il Paese sarebbe già torna­to in mano alla sinistra statalista per di più ostaggio del sinistra radicale e comunista (per cui oggi la patri­moni­ale o l'aumento di tassazione dei redditi medio­alti non sarebbe una sciagurata ipotesi ma una real­tà). Il rischio delle analisi che si fanno in questi giorni è proprio questo: soffermarsi (anche giustamente) su ciò che non è stato fatto e non tenere conto di cosa avrebbero purtroppo fatto overni e maggioranze diver­se da quella di centrodestra.

Un piccolo esempio per tutti: Pisa­pia, appena nominato sindaco di Milano, ha aumentato tasse locali e tariffe (promettendo mo­schee agli islamici) senza che ci fosse un’emergenza documen­tata. Diamo atto quindi che la diga liberale ha quantomeno tenuto. Oggi c'è il rischio che una crepa crei una perdita. Che facciamo? Cerchiamo di tapparla e limita­re i danni o, presi dalla rabbia, la­sciamo che un il fiume di ex, post e neo comunisti, complici i soliti ignoti (ma mica tanto) dei poteri forti, ci travolga con il suo odio di classe e con le sue ricette economiche e sociali illiberali o più semplicemente con gli affari suoi? Noi propendiamo per la prima tesi. Si deve resistere, se è il caso alla Montanelli: tappan­dosi il naso, ma resistere, per­ché proprio come allora se pen­siam­o al nostro futuro le alterna­tive sono molto peggio di qualsi­asi colpa di cui si possa essere macchiata questa maggioran­za.

Credo che questo sia il motivo che spinge Berlusconi a non mollare di un centimetro. Già, ma come fare? Dimentichiamo­ci che l'Europa ci dia una mano più di quanto il premier sia riu­scito personalmente a fare con la Banca centrale (il sostegno ai nostri titoli): Sarkozy e la Merkel non si stanno dimostrando all' altezza della situazione, presi da problemi politici interni. Le loro ricette sono inadeguate, ac­qua fresca, tanto che mercati e speculatori le hanno già snobba­te alla grande. Se non cade il ve­to tedesco ai Bond europei (uni­co strumento efficace sui merca­ti internazionali) non se ne esce. Sul fronte interno la situazio­ne è meno caotica di quello che appare. Ovvio che in queste ore ognuno dica la sua, e tra le tante ipotesi che si fanno alcune pos­sano anche migliorare il conte­nuto della manovra.

In discus­sione, oltre alla dismissione del patrimonio pubblico, ci sono tre punti. Il primo è la cosiddetta tassa di solidarietà per i ricchi. Se meglio modulata potrebbe avere un impatto modesto: 150 euro all'anno per i redditi fino a 100mila euro (che riguardano 127mila persone), 570 per quelli fino a 120mila e a salire fino ai 14mila per i contribuenti (83mi­la) che dichiarano oltre 200mila euro. Come si vede, più che una stangata si tratterebbe di un sa­cr­ificio sgradevole ma sostenibi­le da chi è classe dirigente del Pa­ese.

Il secondo è l'aumento di un punto dell'Iva. Tremonti si fa pa­ladino della contrarietà dei com­mercianti che temono un calo dei consumi, altri mettono in guardia dal fatto che i commer­cianti ne approfitterebbero per arrotondare i prezzi all'insù in­nescando così l'inflazione. L'ot­timismo fa invece credere al pre­sidente che il ritocco dell'impo­sta sui consumi sia una strada percorribile.

Il terzo punto, pri­mo in ordine di importanza, è l'innalzamento dell'età pensio­nabile. Oggi si accede al buon ri­tiro quando la somma tra età anagrafica ed età contributiva dà 96. Portando gradatamente a 100 il numero magico (come av­viene negli altri Paesi europei) il risparmio per le casse dello Sta­to sarebbe enorme. A questo si oppongono i sindacati, la sini­stra, ma anche la Lega. La loro è una battaglia di retroguardia, che confligge con l'aumento dell'aspettativa e qualità di vita e che presto sarà perdente, a pre­scindere dalla crisi, per l'impos­sib­ilità di tenuta del sistema assi­stenziale. Più che il Pdl, è la Lega a essere al bivio decisivo.

La risposta che si aspetta da Bossi è con chi e do­ve vuole stare: ritirarsi nella ri­dotta padana a tappezzare i mu­ri di manifesti contro la casta al­la quale appartiene o aiutare tut­to il Paese che è poi l'unico mo­do per portare a casa il federali­smo promesso ai suoi vent'anni fa? Soltanto Berlusconi, al di là dei proclami pubblici, può pro­vare a portare alla ragione il vec­chio leader leghista. Ed è quello che farà nelle prossime ore. Aspettiamo fiduciosi.

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