da Roma
Accelera, Walter Veltroni. Tira su i giri del motore, lo fa rombare forte in vista della sua prossima prova. Quella che, confida chi gli lavora a fianco, è diventata da settimane la sua principale preoccupazione, il pensiero fisso: la riuscita della manifestazione del 25 ottobre, debutto di piazza del suo Pd e della sua leadership.
Una prova non facile, visto il clima: a sei mesi dalle elezioni la cosiddetta «luna di miele» berlusconiana non sembra granché scemata, i sondaggi per il governo restano ottimi, la mobilitazione della Cgil contro la politica scolastica della Gelmini non è stata un successo di popolo, laria insomma non è delle migliori per fare le barricate. E dunque, in unintervista al Corriere della Sera il segretario del Pd cerca di drammatizzare, alza i toni e parla di «pericolo Putin» incarnato dal premier. Non proprio il fascismo, che va evocato a piccole dosi, ma certo un grave rischio «autoritario», un progressivo «svuotamento della democrazia». Condito di razzismo, bullismo, bavaglio allinformazione e bocciature di massa alle elementari.
Così Veltroni - proprio nello stesso giorno in cui DAlema apre alla candidatura di Berlusconi al Quirinale - inaugura lautunno caldo del Pd, e segna una svolta di 180° (ma i segnali di progressivo spostamento cerano tutti) della sua linea. Come gli riconosce prontamente il dipietrista Donadi, dicendosi «contento perché ora Veltroni parla come lItalia dei valori». Esulta Rosy Bindi: «Bellissima notizia, Walter è diventato più antiberlusconiano di me!». Mentre gli ulivisti (ossia gli ex prodiani del Pd) dipingono la new wave anti-premier come una vera e propria Canossa veltroniana. «Veltroni & company dovrebbero riconoscere di aver sbagliato tutto e trarne le dovute conseguenze», tuona lex ministro De Castro. Franco Monaco, alter ego di Arturo Parisi, celebra le «parole fortissime» con cui il segretario «denuncia il tratto autoritario del premier e il clima asfissiante da pensiero unico». E lo invita a riconoscere di aver sbagliato a cercare «un rapporto preferenziale» con Berlusconi e ad impegnarsi per «lunità dellopposizione». Insomma, tornare ai bei tempi dellUnione contro il Cavaliere, mettendo una pietra sopra la discontinuità del Lingotto.
Qualche veltroniano liberal non ci sta, e puntualizza che al passato non si torna. Giorgio Tonini spiega che se oggi un po di autoritarismo «decisionista» trova consensi è perché «lesperienza di due anni di governo di centrosinistra è stata la rappresentazione plateale e clamorosa dellimpotenza della democrazia: i rifiuti a Napoli ne sono la prova eloquente. Con quella storia lì non si va da nessuna parte». Subito insorgono i prodiani e qualche ex ministro nostalgico, come la dalemiana Livia Turco che taccia Tonini di «autolesionismo» e Giulio Santagata che lo accusa di «disconoscere» lopera di Prodi. Tonini precisa: non criticavo Prodi ma lUnione, spiega, ma intanto la bagarre è scoppiata. E «prodiani e dalemiani si sono saldati contro Walter», accusano i veltroniani.
Per una singolare coincidenza, nella stessa giornata in cui Veltroni appaiava Berlusconi allautocrate Putin, Massimo DAlema lo candidava al Quirinale. Tutta colpa di Bruno Vespa, che - allinsaputa dellex ministro degli Esteri, giurano i dalemiani - ha lanciato proprio ieri unanticipazione del suo libro di stagione. Nel quale DAlema assicura che tra lui e Veltroni «al momento» non ci sono divergenze di strategia, visto che Walter ha abbandonato sia il «bipartitismo» che l«autosufficienza» del Pd. E spiega che se in Italia venisse introdotto un compiuto sistema presidenziale, «Berlusconi potrebbe concorrere alla massima carica dello Stato perché ci sarebbero quei pesi e quei contrappesi che consentirebbero anche a lui di governare meglio il Paese».
La coincidenza ha subito scatenato sospetti nel Pd, dove più duno dubita che i continui attacchi e delegittimazioni da parte del premier verso il leader dellopposizione siano la spia di una riapertura di credito nei confronti di DAlema, come interlocutore preferenziale.
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