Una legge, quella sulla procreazione medicalmente assistita, che può essere senza dubbio soggetta a una molteplicità di critiche, ma non si può nel complesso negarle unintrinseca coerenza e organicità: è il giudizio espresso alla vigilia dei referendum dal professor Paolo Becchi, docente di Estetica allUniversità di Genova, nellambito di uno studio particolarmente approfondito in cui esamina le ragioni del «sì» e del «no» ai quattro quesiti inseriti nelle schede, e le motivazioni addotte della Corte costituzionale per dare il via libera alla consultazione popolare di domani e lunedì. «Certo , si poteva fare una legge fondata su uno spirito completamente diverso - spiega in sostanza Becchi -, ma oggi bisogna fare i conti con quella esistente». Daltronde, due sole erano le possibili vie percorribili: quella di una modifica parlamentare della legge medesima, o quella referendaria. «Si è deciso di imboccare la via del referendum, ma - avverte il docente universitario - leventuale esito favorevole alle richieste inserite nelle schede non risolverà i problemi». Lesito sarà solo quello di restituire semplicemente «una legge trafitta di colpi e di difficile applicazione per tutti gli elementi di contraddittorietà presenti nella normativa di risulta». I motivi sono tanti, insiste Becchi. Che li elenca puntigliosamente, ad uno ad uno, a partire dal paradosso contenuto nella premessa in cui si prende in considerazione lipotesi di vittoria del sì: «Qualora venissero approvati i referendum proposti - conclude il docente di Estetica - resterebbero in piedi soltanto larticolo 6 della legge 40, riguardante il consenso informato, con esclusione del divieto di revoca del consenso dopo la fecondazione dellovulo, il no alla clonazione riproduttiva e poche altre cose come, ad esempio, il, divieto di accedere alle tecniche di riproduzione assistita alle coppie dello stesso sesso o a single.
In ogni caso, «scontenti resteranno gli uomini e le donne di questo Paese che, di fronte a quesiti molto più confusi e contraddittori della legge stessa, avrebbero una ragione in più per astenersi dal voto».
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