Economia

Ecco perché Perissinotto non rischia il posto Ma la sfida a Mediobanca cambia le carte in tavola

Nelle pieghe dell’affare Fonsai gira la voce che il numero uno di Mediobanca, Alberto Nagel, intenda mettere in discussione il ceo delle Generali, Giovanni Perissinotto. In altri termini, lo voglia far fuori

Ecco perché Perissinotto non rischia il posto Ma la sfida a Mediobanca cambia le carte in tavola

Nelle pieghe dell’affare Fonsai gira la voce che il numero uno di Mediobanca, Alberto Nagel, intenda mettere in discussione il ceo delle Generali, Giovanni Perissinotto. In altri termini, lo voglia far fuori. E non solo per la sua vicinanza con Roberto Meneguzzo, il numero uno di Palladio che, in tandem con Matteo Arpe, ha rastrellato almeno l’8% di Fonsai in barba a Mediobanca e a Unicredit. Ma più in generale per quella voglia di accrescere la propria autonomia che Piazzetta Cuccia non ha mai perdonato a chi guidava le Generali. La voce, però, non ha trovato conferme concrete tra i grandi soci e Perissinotto porterà a termine il 2012, ultimo anno di bilancio dei tre del suo attuale mandato. Anche perché nei conti 2011 che la compagnia presenterà tra fine mese (i premi) e marzo (l’utile) i risultati industriali saranno molto buoni. E in fin dei conti è questo il tavolo su cui giudicare un manager, come i soci avevano chiesto dopo l’uscita di Cesare Geronzi.
Quindi: vanno bene il combined ratio dei «danni» e il new business value nel «vita»; marciano i principali mercati Italia ed Est Europa; soddisfano Germania e Spagna; un po’ meno la Francia, dove però è in corso una diffusa fuga di capitali per timore di nuove tasse. A pesare su utile e dividendo sono, semmai, partite finanziarie: dalle svalutazioni dei Btp al 31-12, quando lo spread era ancora alto; alle partecipazioni di Telco e Intesa, che certo non sono state iniziative di Perissinotto. Tuttavia la vicenda Fonsai lascerà forti strascichi, nuovi anticorpi nell’assetto del capitalismo nazionale.
Per esempio, il rapporto consolidato tra Perissinotto e uno dei referenti più forti di Mediobanca, il vicepresidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, è in questi giorni sottoposto a dura prova. Palenzona, plenipotenziario della fondazione Crt e come tale socio di Meneguzzo nella Effeti (2,26% di Trieste), appresa la scalata a Fonsai non ha fatto i salti di gioia. Il collegamento con Meneguzzo, tra l’altro, fu rafforzato due anni fa quando il blocco Crt-Palladio trovò rappresentanza nel cda triestino con Angelo Miglietta, segretario della Crt. Ma già in quell’occasione, stando a un’autorevole ricostruzione, ci fu un problema: Meneguzzo avrebbe chiesto un secondo posto in cda, forte di una quota che, sommata a quella della «sua» Ferak (1,7%) superava il 4% del Leone. Domanda respinta non senza irritazione da Mediobanca e per nulla gradita a Palenzona.
Ora ci troviamo di fronte a un nuovo attrito, potenzialmente in grado di appianare le contrapposizioni esistenti nel circuito Mediobanca-Unicredit.

Ma che non può avere conseguenze sulle Generali, il cui assetto passa per un cda dove, al momento, non si registrano particolari divisioni.
Twitter: @emmezak

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