Se non proprio ricchi, di certo benestanti (con reddito non inferiore ai 30mila dollari lanno) e proprietari di casa; con istruzione superiore, in buona salute e, soprattutto, non obesi: senza questi requisiti non si può aspirare ad adottare un bambino in Cina. Dopo tanta attesa, è giunta lora anche degli italiani: una ventina di bambini cinesi - tutte femmine - sono già state abbinate ad altrettante coppie del nostro Paese e presto, fra gennaio e febbraio 2009, arriveranno da noi. Si tratterà dei primi bambini cinesi adottati in Italia.
Le bambine, prossime cittadine italiane, sono piccole: hanno da pochi mesi a due anni; ora tutte alloggiate negli istituti. Fra i requisiti richiesti ai potenziali genitori di bambini cinesi cè anche un tetto per letà, 50 anni; possedere un patrimonio di almeno 80mila dollari, laver contratto matrimonio da almeno due anni. Lattesa per abbracciare il proprio figlio non è inferiore ai due-tre anni. Per ora, solo due enti italiani, Aibi e Ciai, sono stati riconosciuti da Pechino per occuparsi di adozioni. Entrambi stanno completando liter per ladozione delle 19 bambine (dieci per il primo, nove per il secondo), nei prossimi giorni invieranno i documenti allautorità cinese deputata alle adozioni (Ccaa, China Center for Adoption Affairs). Poi si attenderà l«invito» - così è chiamato - per partire e far incontrare genitori e figlie. Un appuntamento tanto atteso che avverrà o prima del capodanno cinese, che è alla fine di gennaio, o subito dopo, nel mese di febbraio. La permanenza nel Paese per le coppie è stimata in 2-3 settimane. «Per noi - spiega Irene Bertuzzi, responsabile adozioni internazionale dellAibi - è una sorta di prova. È la prima volta e non conosciamo in concreto tutti i passaggi. Contiamo però di far partire le coppie tutte insieme. Sappiamo che arriveranno nella capitale dove un funzionario del posto le accompagnerà in unaltra città per incontrare, in un luogo neutro, cioè non in istituto, le bambine».
Ciò che colpisce è che tutti i prossimi adottati sono femmine, come del resto appartiene a questo sesso la maggior parte dei bambini abbandonati in Cina. «In questo Paese esiste ancora - aggiunge Bertuzzi - il retaggio culturale del figlio unico e laspettativa dei genitori si concentra sul figlio maschio. La femmina, soprattutto nelle zone rurali, è vissuta come ingombrante» e per questo è più facilmente abbandonata dopo la nascita. Quanto la Cina possa rappresentare un serbatoio di adozioni per gli italiani - che ancora risentono delle chiusure dei Paesi dellEuropa dellEst - non è chiaro. Bertuzzi segnala, infatti, che nel Paese asiatico le adozioni internazionali sono in calo anche perché ha dato, giustamente, impulso alladozione nazionale ed allaffido. Basti pensare che nel 2006, gli Usa (il Paese che maggiormente adotta bambini cinesi) hanno adottato circa 7mila bambini, nel 2007 non hanno superato i 3.900. LAibi ha una cinquantina di coppie in attesa delladozione in Cina.
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