Ecco il ricorso di Fiat: per i tre licenziati a Melfi «palese responsabilità» nel blocco della fabbrica

Ecco le motivazioni della Fiat che stanno alla base del ricorso, presentato il 9 agosto, contro la decisione del giudice del lavoro che ha imposto il reintegro dei tre operai di Melfi licenziati. Il ricorso - secondo alcune anticipazioni - è contenuto in 53 pagine ed è stato depositato nella cancelleria del Tribunale di Melfi.
In sostanza la Fiat rileva i motivi di censura: la «palese responsabilità» dei lavoratori per avere bloccato la produzione e impedito a chi non partecipava allo sciopero (1.750) l’esercizio del diritto al lavoro. E ricorda che gli scioperanti erano appena una cinquantina. Il riferimento è al corteo interno di inizio luglio e al blocco del carrello robotizzato che riforniva le linee di montaggio.
Il giudice del lavoro del Tribunale di Melfi (Potenza), Amerigo Palma, a seguito del deposito del ricorso presentato dal Lingotto, ha fissato al 6 ottobre prossimo la data della prima udienza del procedimento di opposizione. Il ricorso è stato depositato dai legali della Fiat, gli avvocati Bruno e Francesco Amendolito, Maria Di Biase, Grazia Fazio, del Foro di Bari, Diego Dirutigliano e Luca Ropolo, del Foro di Torino.

L’atto è stato presentato in opposizione - ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori in tema di condotta antisindacale - al decreto emesso dal giudice del lavoro Emilio Minio, lo scorso 9 agosto, con cui ha reintegrato i lavoratori della Fiat di Melfi - Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (entrambi delegati Fiom) e Marco Pignatelli - dichiarando la condotta antisindacale della Fiat nei confronti della Fiom-Cgil.
Per i sindacalisti della Fiom, e per il Pdci, il ricorso presentato dal Lingotto «è un nuovo atto di guerra ai lavoratori».

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