Anche a settembre sono stati i fondi comuni a tirate la volata all'industria italiana del risparmio gestito. Dei 3,6 miliardi di euro complessivi introitati dal sistema 2,6 provengono dai fondi. La categoria preferita è stata quella dei flessibili che hanno incamerato 2,1 miliardi, precedendo i bilanciati (827 milioni), gli obbligazionari (735 milioni) e gli azionari (490 milioni): in rosso, invece, i fondi monetari (-1,4 miliardi). Da inizio anno, tuttavia, il bottino più ricco se lo sono assicurato i fondi obbligazionari che vantano una raccolta netta di 24,7 miliardi. Ma come mai, tanto interesse per i fondi obbligazionari che rischiano di essere penalizzati da uno scenario di rialzo dei tassi di interesse visto che se questi ultimi salgono i prezzi (che si muovono in direzione opposta) scendono?
La risposta la si può trovare nelle scelte dei fondi obbligazionari che sono state fatte dai risparmiatori italiani. I quali, infatti, hanno abbandonato i prodotti del risparmio gestito specializzati sul mercato monetario euro e sui Titoli di Stato europei (obbligazionari governativi euro a breve termine e a medio lungo termine) optando per categorie obbligazionarie più rischiose ma a più alto reddito potenziale. Tra queste gli obbligazionari flessibili (13,6 miliardi di raccolta netta nei primi 6 mesi), gli obbligazionari Paesi emergenti (4 miliardi), gli obbligazionari misti (3,9 miliardi), gli obbligazionari internazionali high yield (1,9 miliardi), gli obbligazionari euro high yield (1,3 miliardi) e gli obbligazionari dollaro corporate bond investment grade (1,2 miliardi).
Ma quali scelte fare per i prossimi 6 -12 mesi? Cominciamo dall'azionario. Se il contesto rimarrà quello attuale (crescita globale diffusa, inflazione sotto controllo e politiche monetarie accomodanti con un graduale rialzo dei tassi solo negli Stati Uniti) l'azionario sembra meglio posizionato dell'obbligazionario ma non bisogna esagerare perché le valutazioni delle Borse (in particolare Wall Street e Francoforte) sono sui massimi.
In pratica significa mantenere le posizioni in portafoglio, con un peso maggiore sull'area euro e sul Giappone rispetto agli Usa. Vale la pena mantenere in portafoglio anche l'azionario emergente ma con un peso neutrale. Il rialzo dei tassi, sebbene graduale, produrrà contraccolpi sui portafogli obbligazionari, in particolare quelli investiti prevalentemente in Titoli di Stato della zona euro (governativi euro a breve termine e a medio lungo termine). Si può mantenere, ma non aumentare, l'esposizione ai fondi obbligazionari euro corporate bond euro investment grade, mentre si può incrementare il peso nei fondi obbligazionari high yield euro: danno cedole più generose e dovrebbero beneficiare della crescita della zona euro. Meglio, invece, alleggerire l'esposizione agli high yield Usa che potrebbero soffrire l'avvicinarsi della fine del ciclo economico americano. In parallelo, si può optare per un maggior peso sui fondi corporate bond investment grade Usa che rendono quasi quanto gli high yield euro ma sono di alta qualità (come rating) e permettono di partecipare ad una possibile rivalutazione del dollaro. Si può mantenere poi in portafoglio una quota, tra il 5% e i 10%, in fondi obbligazionari Paesi emergenti, meglio se divisa tra valuta locale e valuta forte.
Quanto, infine, ai fondi obbligazionari flessibili, i più interessanti per i prossimi 6-12 mesi sembrano essere i cosidetti «unconstrained» e gli «absolute return».
I primi sono gestiti in modo attivo senza alcun vincolo di portafoglio e consentono al gestore di diversificare il portafoglio non in base a un indice ma in funzione dell'andamento dei mercati: prima di sottoscriverli occorre però accertarsi il grado di rischio (volatilità) che hanno. Lo stesso vale per i fondi obbligazionari absolute return che puntano ad un rendimento assoluto positivo annuo a prescindere dall'andamento dei tassi e del ciclo economico.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.