Ecco la vera riforma contro lo scandalo della giustizia lumaca

Egregio Direttore, nel nostro bel quotidiano leggo con piacere, ma anche con un certo disappunto, di essere in buona compagnia. Mi riferisco alla lettera del signor Paolo B. circa la giustizia lenta e a quanto già ho avuto modo di scriverLe in una mia mail del giugno scorso.
Come il signor Paolo, anch’io sto aspettando da anni un «pronunciamento» di invalidità parziale del Tribunale Civile per un incidente sul lavoro. Non voglio qui entrare nel merito sanitario, con tutto quello che ho subìto e i postumi, ma chiedo: com’è possibile che dal 26 aprile 2001 (caduta accidentale con distacco completo del tendine del quadricipite), non si è ancora pervenuti a un giudizio? A un semplice sì o no a quanto chiedo? Su mia richiesta, il Tribunale ha fissato una prima udienza il giorno 08.02.2005 (dopo circa due anni dall’istanza!!!). Causa rinviata al 23.06.2005. Causa rinviata al 27.03.2006 per la discussione e il deposito della perizia medico-legale. Causa rinviata al 05.12.2006 per la discussione. Causa rinviata al 07.06.2007. Causa ancora rinviata al 18.03.2008. Attualmente non è stata fissata un’ulteriore udienza (sembra non sia stato sostituito il Giudice, nel frattempo trasferito). Sono trascorsi otto anni dall’incidente!!! Al signor Paolo, al quale va la mia solidarietà, sta andando peggio: lui aspetta dal 1996.
Chiedo ancora: tutti questi rinvii, tutte queste udienze quanto costano allo Stato, cioè a noi cittadini? Ben vengano le «riforme» dei signori ministri Alfano e Brunetta per riuscire a sanare anche questa piaga. Gentile Direttore, grazie per l’ospitalità e grazie per il Suo lavoro preciso e coraggioso e per essere sempre attento a tutti i problemi dei cittadini.
Alessio Gonfiacani - Città di Castello

Caro Gonfiacani, lei mi fa venire in mente una battuta pronunciata dal compianto avvocato Peppino Prisco, il quale - lo dico per chi lo ricordasse «solo» come simpaticissimo vicepresidente dell’Inter - fu anche un grande penalista, già presidente dell’Ordine forense di Milano. Anche nelle aule di giustizia, Prisco spesso non sapeva rinunciare alle sue celeberrime gag. Ebbene: eravamo, se non ricordo male, intorno alla metà degli anni Novanta. Al termine di una riunione in camera di consiglio per decidere su non so più quale eccezione procedurale, i giudici uscirono per comunicare che il processo era rinviato e fissarono la data dell’udienza successiva di lì a quattro-cinque anni. «Grazie presidente, daremo comunicazione agli eredi», disse Prisco.
Quella del rinvio a oltranza dei processi è purtroppo una tragicomica usanza tutta italiana. Spesso non si indica neppure una data: si dice che il processo è aggiornato «a nuovo ruolo», cioè a un indefinito «boh». C’è sempre un motivo per mandare tutti a casa: un difetto di notifica, un supplemento di indagine, una nuova perizia, un ricorso alla Corte Costituzionale, e così via. Un giorno (giuro: c’è la raccolta dei giornali a testimoniarlo) un pretore rinviò un’udienza perché non riuscì a piazzare la sua auto sotto il palazzo di giustizia di Milano.

Telefonò al suo segretario e gli disse di affiggere sulla porta un cartello con scritto: udienza sospesa per mancanza di parcheggio. Ci vuole una riforma, lei dice. Temo invece che ci vorrebbe un’iniezione di voglia di lavorare, molto più difficile da legiferare.

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