Ecco la villa di Rondolino nel deserto del Nevada Vive nella casa atterrata nella Valle della Morte

Il New York Times scopre l’abitazione di un nostro editorialista: "Qui si gusta il piacere di affacciarsi su un paesaggio sconfinato". L'ex portavoce di Massimo D'Alema racconta: "Il primo centro abitato dista almeno 30 miglia"

Ecco la villa di Rondolino nel deserto del Nevada 
Vive nella casa atterrata nella Valle della Morte

Roma - A prima vista sembra un quadro di Dalì. Un cubo tecnologico al centro di un paesaggio orizzonte-cielo. Poi un ritocco da fotoshop: il cubo è una casa di legno e vetro, sullo sfondo si eleva il profilo di una montagna, ai piedi della casa un terreno spoglio, lunare. Un paesaggio brullo, selvaggio, essenziale. La casa è un particolare che non c’entra nulla con quanto è intorno, e per questo è straniante e misteriosa. Titolo: «Nel deserto del Nevada, dormendo circondati dalle nuvole». Il cielo è rosa e glicine, il fascio di nubi ha la compattezza dei luoghi inesplorati. Didascalia: «La casa in Nevada di Fabrizio Rondolino e Simona Ercolani si affaccia su un paesaggio sconfinato».
Non lo scrive un periodico di turismo, ma il New York Times, che intervista la coppia italiana insieme alle due figlie con il rispetto empatico che si dedica a chi compie scelte estreme, solitarie e vagamente folli. L’ex portavoce di d’Alema e ora collaboratore del Giornale racconta al primo quotidiano americano la storia della casa costruita nel deserto per amore. Il risultato è un reportage molto ampio, corredato da foto di interni e esterni, esaltate dallo splendido cielo delle Badlands, le terre cattive.
La Valle della Morte è un luogo ceneri, coyoti e cercatori di Dio, con rocce in continua trasformazione e laghi che evaporano e riaffiorano dalla terra. Il vicino di casa dei Rondolino, che abita a mezzo chilometro, è une eremita di nome Jerry. Ha costruito una cappella e aspetta l’Apocalisse. La seconda casa più vicina è un bordello, a sette miglia, lo Shady Lady Ranch. Il primo paese, Beatty, abitato da inventori e ex cowboy, si trova a trenta miglia. Las Vegas dista 200 miglia. Un ambiente che potrebbe essere il plot di un romanzo di McCarthy, e il NY Times deve trovare molto gustosa l’idea di un italiano che abita questi luoghi aspri e desolati, un «nonluogo bruciato». Il giornalista italiano è un personaggio di cui raccontare, al pari del designer di auto di Beatty.
Rondolino’s house in Nevada, contea di Nye, al confine con la Death Valley, è una casa prefabbricata composta da tre camere da letto, due bagni, un ufficio e una splendida terrazza con un piccolo idromassaggio. Il bianco è il colore dominante, dalle pareti di tutte le stanze al telo che ricopre il pergolato. Poi verde per i bagni e dettagli rossi per la cucina. Dalle grandi finestre si vedono distese di terra, con vegetazione rada e brulla, profili di montagne scure e nuvole. Gli occhi non trovano ostacoli che non siano elementi di natura. Di notte, racconta Rondolino al New York Times, soprattutto d’inverno e quando il vento è molto forte, ci si ritrova autenticamente «circondati di stelle, fino all’orizzonte». Milioni di stelle. E come «essere su una navicella spaziale». Notti che avrebbe descritto Saint Exupery per lo spazio senza orizzonte del suo Piccolo Principe.
Nessuna cifra faraonica per costruirla. Nel 2005 il giornalista e la moglie acquistarono 40 acri di terra per 70mila dollari, più o meno il prezzo di un buon garage a Roma.
Il prefabbricato è costato complessivamente 290mila dollari. La piscina sarebbe stata troppo: «Non puoi avere una piscina in mezzo al deserto». Questo desiderio dell’essenziale si è concretizzato anche nella decisione di non montare impianti di aria condizionata in casa, nonostante la temperatura nel deserto raggiunga i 45 gradi.
La coppia spiega che l’amore per questo luogo ha una ragione familiare. Il padre di Simona Ercolani lavorò come tecnico in Zabriskie Point, il film di Michelangelo Antonioni ambientato nella Valle della Morte. Circa diciotto anni fa decisero di visitare la death Valley in onore «di mio padre», racconta Simona: «Potremmo costruire qualcosa, disse mio marito e io gli risposi: Certo!». Se ne innamorarono.
E il deserto ha fatto anche rinascere il loro amore: qui vennero a trascorrere alcuni giorni durante una crisi profonda, dieci anni fa.

«Abbiamo avuto una sorta di crisi emozionale in un luogo che per ironia si chiama la Valle dell’ultima possibilità», dice Rondolino.
È stato l’opposto. La prima settimana intera nella casa costruita nel nulla l’hanno trascorsa a Natale. Solo vento cielo e stelle. E il prefabbricato è diventato un’astronave.

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