Ecco il vocabolario per studenti che traduce tutte le parolacce

Un famoso dizionario italo-tedesco ha tra le voci anche le espressioni più volgari. Un'evoluzione linguistica che traduce pure l'intraducibile

Ecco il vocabolario per studenti  
che traduce tutte le parolacce

C’era una volta il vecchio vocabolario bacchettone, dove generazioni di ginnasiali andavano immediatamente alla caccia delle «parolacce», come si chiamavano al tempo: e si imbattevano al più in un «cesso» o in un «culo», che sottolineavano tra lazzi e risolini, e la traduzione passava di bocca in bocca tra i banchi coperti di graffiti.

Ma il tempo cambia, e i vocabolari si adeguano. Inevitabilmente, si arricchiscono di neologismi, inseguendo quel corpo sempre in movimento che è la lingua parlata. Ma, e questo è meno scontato, abbattono le barriere che un tempo separavano l’italiano alto da quello basso, la lingua ufficiale e quella parlata. In parole più semplici, sdoganano la parolaccia e danno piena soddisfazione alle più gagliarde curiosità dell’età di passaggio. Senza censure: «Inculare (trans.volg.) In den arschen ficken». Scusate, ma è così. «Tedesco Junior - dizionario di apprendimento della lingua tedesca», della premiata casa editrice Loescher, è il dizionario adottato da migliaia di studenti delle scuole medie italiane. Un lavoro poderoso ed affidabile, in grado di accompagnare i ragazzini nei meandri della lingua di Lutero e di Goethe. Ma anche di metterli in condizioni di dialogare da pari a pari, via twitter o faccia a faccia, con i loro coetanei teutonici, senza rinunciare a nessuna delle asprezze lessicali che, come l’acne o le pene d’amore, fanno parte dell’adolescenza sotto ogni latitudine.

Così, ecco sul Loescher tutte le risposte. Certo, «finocchio» inteso come verdura si dice «fenchel», ma se viene usato per insultare un gay (e il dizionario precisa che si tratta di un fam.spreg., un familiare spregiativo) diventa «schwule». «Cazzo», tecnicamente parlando, è «schwanz»: ma se è usato come esclamazione si traslittera in «scheisse», che vorrebbe dire «merda»; ma il Loescher non si accontenta, e aiuta i nostri pargoli anche a comporre espressioni idiomatiche complete, laddove «mi rompe il cazzo» va tradotto «er geht mir auf den sack», mentre invece «mi sta sul cazzo» a Monaco si dice «er geht mir auf die eier». Per sapere come si dice «figa» gli studenti vengono rimandati a «fica»: le due espressioni, come è noto, dividono il nord e il sud d’Italia meglio dell’Appennino, ma entrambe - rivela il Loescher ai fanciulli, si traducono con «Fotze» e con «Moese». Ma attenzione, se si tratta di una sineddoche, e si vuole indicare una bella donna, allora è meglio «Puppe» o «Mietze». E via così, con «troia» che diventa «nutte» o «schiampe», e «farsi una sega» che si dice «sich einem abwichsen».



Nulla resterà intradotto, sembra lo slogan dei nuovi vocabolari per la gioventù italiana: e dietro c’è probabilmente la convinzione che certi steccati (in un paese in cui la terza carica dello Stato usa liberamente la parola «stronzo») abbiano fatto il loro tempo. Ma che nostalgia, per quelle pagine ingiallite dove bastava la parola «merda» a fare arrossire la nostra compagna di banco...

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