«Ecco gli X Factor dello show: è breve e cerca talenti veri»

«Ecco gli X Factor dello show: è breve e cerca talenti veri»

Buongiorno Elio. È più difficile fare il coach dei gruppi vocali o tenere a bada Morgan?
«Con me Morgan è delizioso, mi fa anche molto ridere. Più difficile fare il coach dei gruppi».
Però l’altra sera con «la Rai finta» è sbroccato.
«È andato fuori giri, ma non è nel mio carattere intervenire sul comportamento delle persone. Il ruolo di controllore di Morgan se l’è assunto Simona, non sia mai che le tolgo lavoro».
La differenza di sensibilità però è evidente. Lui è il funambolo, genio e maledettismo...
«Ognuno nasce con le proprie caratteristiche. Ma sui concetti importanti siamo in sintonia. Siamo a X Factor perché appassionati di musica e in gran parte dei giudizi concordiamo. Poi è vero, il nostro approccio e agli antipodi».
Autorevole e gran conoscitore di musica, gelosissimo della privacy, Elio ha vinto la balbuzie ma non ha mai raccontato come. Non se la tira anche se è diplomato al Conservatorio in flauto traverso. Ironico anche nel look che cambia ogni puntata, l’altra sera sfoggiava baffoni a manubrio e chioma messicana.
È il regista occulto della giuria, quello che le dà credibilità?
«È un’osservazione che ho letto. Ma anche Arisa è molto competente. Come Morgan, che poi fa le sue morganate. Ci sono pesi e contrappesi. Io credo di essere credibile come contrappeso... Anche essendo sintetico nei giudizi. Piuttosto invito a riascoltarli chi dice che non sono abbastaza tecnici».
Che cos’ha in più questa edizione rispetto alle precedenti?
«Intanto, la lunghezza inferiore delle serate: due ore sono sufficienti a raccontare tutto. Poi la giuria ben assortita. C’è meno aria fritta rispetto agli altri anni. Un altro elemento che ha funzionato è stato il passaggio dalla Rai a Sky. Non era scontato che sarebbe andato bene. Questo ha creato un effetto attesa-curiosità».
Come giudica il livello dei talenti?
«È più alto dell’anno scorso. L’ho capito solo quando siamo arrivati agli ultimi dodici e li ho sentiti cantare tutti insieme».
Siete tutti presi da Jessica?
«Io sì. Sono stufo di cantanti fotocopia e Jessica, che non è la più intonata, quanto a personalità è un chilometro più avanti. Potrebbe farcela».
Antonella è una popstar fatta e finita.
«Vero. Ma questo potrebbe essere il suo limite. Anche se meno, Antonella è un’altra che ha personalità. E grande intonazione».
Nicole e Francesca, le due sedicenni?
«Fortissime. Simona ha una squadra notevole. Nicole è più omologata, ma canta benissimo. Francesca è più personale, ha fatto una versione di Tainted love che sembrava sua».
I gruppi sono degli outsider.
«È vero. Le Cafè Margot sono intonatissime, forse meno originali, ma hanno un timbro inconfondibile. I Moderni hanno la loro forza nell’originalità. A volte peccano nell’intonazione, ma cantare in quattro è dura».
Joe Zawinul, Bjork: lei sceglie spesso brani sofisticati per i suoi concorrenti.
«Tra i motivi della mia partecipazione a X Factor c’è quello di far ascoltare musica un po’ più alta di quella che gira. Chiaramente devo dosarmi. La musica che piace a me deve anche essere adatta a far passare il turno ai miei cantanti».
Cura anche la comunicazione. Ha cambiato i nomi ai gruppi...
«L’oggetto sociale di X Factor è sfornare cantanti che vendano dischi. Nel 2011 un gruppo italiano che si presenta con un nome inglese perde subito in credibilità».
Come ha scelto Elio e perché nasconde il suo vero nome?
«Tengo alla mia privacy. Elio l’avevo scelto per un gioco con alcuni amici. Ma soprattutto perché non volevo far sapere a mio padre e mia madre che stavo iniziando a fare il cantante».
Nella prossima tournée con le Storie tese vi esibirete anche al Conservatorio di Milano dove si è diplomato.
«Dove ho dato gli esami da esterno, rimediando una promozione con voti bassi. Al Conservatorio abbiamo già suonato due anni fa riempiendo l’Auditorium. Fu una bella rivincita».
Che cosa manca alla musica italiana?
«Quello che manca all’Italia, le cose normali».
Ne dica una.
«All’estero nelle scuole tutti studiano musica, cantano.

Io ho iniziato perché quando ero in quinta elementare un inserviente chiese se qualcuno voleva iscriversi a un corso. Alzai la mano. Quanti nostri direttori d’orchestra si affermano fuori dall’Italia. Abbiamo la musica nel dna e potremo invadere il mondo. Invece non la coltiviamo e siamo invasi».

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