Il 70% di Unicredit "parla" straniero

Soci esteri più forti, Montezemolo lascia la vicepresidenza. Mustier: "Crescita organica"

Il 70% di Unicredit "parla" straniero

Unicredit parla sempre più straniero nel suo azionariato e, nonostante il fondo Aabar si confermi primo socio con il 5,03%, registra le dimissioni dalla vice presidenza di Luca Cordero di Montezemolo, in quota proprio al fondo sovrano di Abu Dhabi. Il passo indietro di Montezemolo, che segue di poche settimane quello compiuto da Fabrizio Palenzona, è in linea con i lavori in corso per plasmare una governance più snella e aderente a quell'azionariato diffuso emerso dalla maxi-ricapitalizzazione da 13 miliardi di inizio anno.

La mappa dei soci di Unicredit, emersa ieri durante la prima assemblea dopo l'aumento di capitale, vede infatti al 62% gli istituzionali (di cui solo la minima parte italiani) e al 10% i fondi sovrani: oltre a Aabar, ci sono Norges Bank e i libici di Lia. Le Fondazioni, storiche azioniste del gruppo, e gli investitori retail sono invece scesi rispettivamente al 6% e al 13% del capitale (un altro 9% è in mano ad altri investitori).

«Oggi Unicredit è la più grande public company in Italia», ha detto l'ad Jean-Pierre Mustier sottolineando che la presenza degli istituzionali esteri nel capitale «è un segno dell'attrattività di Unicredit». Un interesse confermato anche dal fatto che i bond della banca hanno registrato domande «da 200 nuovi investitori internazionali». In Borsa Unicredit ha chiuso la seduta a 13,8 euro (+1,8 per cento).

All'assemblea era presente il 57,5% del capitale, che ha dato il via libera alle politiche di incentivazione: ma la Fondazione Crt e Cr Trieste si sono astenute e CariVerona non ha votato. Approvato poi il bilancio 2016, chiuso con un rosso vicino ai 12 miliardi, su cui ha pesato la svalutazione degli Npl. «Abbiamo scelto di intraprendere azioni radicali sui crediti incagliati con costi più alti nell'immediato futuro, ma che consentiranno alla banca di dedicarsi al 100% al proprio sviluppo», anche grazie al successo «affatto scontato» della ricapitalizzazione, ha detto il presidente Giuseppe Vita. Ora, ha evidenziato da Mustier, «la qualità dell'attivo è in continuo miglioramento», tanto che «Unicredit è in anticipo sulle regole di Basilea 3». «Stiamo procedendo alla cessione degli npl. Abbiamo dismesso il 50% e contiamo di arrivare a 20 miliardi nel 2019», ha aggiunto il dg Gianni Franco Papa. Per il gruppo è, quindi, arrivato il momento di tornare a svilupparsi ma si tratterà - ha chiarito Mustier - di una crescita organica e non tramite acquisizioni o fusioni.

Tra le prossime sfide c'è la revisione della governance. Alcuni provvedimenti entreranno in vigore con la revisione del cda del 2018, come lo snellimento del board da 17 a 15 posti e la riduzione delle vice presidenze a una da tre, di fatto già raggiunta: resta in carica solo Vincenzo Calandra Buonaura; Montezemolo e Palenzona continuano comunque a sedere nel board. «Il consigliere Montezemolo», si legge in una nota, ha «assunto questa decisione in coerenza con l'evoluzione della governance».

È una semplificazione che mette Unicredit «in linea con le migliori pratiche internazionali», ha detto Mustier. Su altri temi come la ridefinizione dei pesi tra maggioranza e minoranza, il tetto ai mandati e il meccanismo di presentazione delle liste, società e azionisti decideranno nei prossimi mesi.

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