Accertamento esecutivo sui tributi comunali: cosa cambia nel 2020

Tra nove giorni debutterà l’accertamento esecutivo dei tributi comunali. Ecco cosa cambia per Comuni e contribuenti

Accertamento esecutivo sui tributi comunali: cosa cambia nel 2020

Il conto alla rovescia è quasi terminato: mancano ormai solo nove giorni prima che l’accertamento esecutivo nei tributi comunali faccia il suo debutto.

Come sottolinea Il Sole 24 Ore, il decreto fiscale ha introdotto alcune novità sostanziali che hanno l’obiettivo di ridurre i tempi per consentire il recupero coattivo delle somme dovute dai cittadini alle varie amministrazioni locali. Oggi i Comuni, a fronte di una notifica dell'avviso di accertamento, devono infatti inviare la cartella di pagamento o l’ingiunzione fiscale e aspettare. Dall’anno prossimo le cosiddette azioni di recupero potranno iniziare già a partire da 120 giorni dopo la notifica dell’atto, fatto salvo il caso della proposizione del ricorso.

Comuni da una parte e contribuenti dall’altra devono quindi imparare a fare i conti con nuove prassi, nuove regole, nuovi procedimenti. Il titolo esecutivo varrà sia per i tributi comunali come l’Imu e la Tasi ma anche per le entrate patrimoniali, come ad esempio gli oneri di urbanizzazione o le rette dell’asilo. C’è ancora da chiarire se la stessa procedura includerà o meno le multe stradali.

Gli atti interessati e le altre novità

Ma quali sono gli atti che saranno interessati dall’accertamento esecutivo? Oltre all’annualità 2020, la lista comprende le annualità pregresse “non ancora decadute dalla data del prossimo primo gennaio”. Bisogna comunque specificare che tali accertamenti devono essere emessi a partire da gennaio indipendentemente dalla data della notifica fatta dal contribuente. Un esempio ci è utile per chiarire la situazione: un accertamento spedito a dicembre ma ricevuto dal contribuente a gennaio non sarà esecutivo.

I Comuni avranno il compito di impostare le procedure di trasmissione “del carico al soggetto incaricato della riscossione”. In attesa di un apposito decreto delle Finanze, gli enti hanno via libera per provvedere in maniera autonoma.

Capitolo aggio di riscossione: al momento quasi tutte le riscossioni prevedono l’addebito di un cosiddetto aggio parificato a quello dell’agenzia delle Entrate, che è pari al 6% di quanto deve essere riscosso. Altro esempio: in caso di una riscossione di un importo dal valore di 20 mila euro, l’aggio ammonta a 1.200 euro. Con la riforma il citato aggio passerà al 3% se il pagamento avviene entro e non oltre i 60 giorni dalla notifica dell’atto oppure al 6% se verrà sforato tale limite. Il tetto massimo ammonterà a 300 euro nel primo caso e 600 nel secondo.

L’accertamento esecutivo, infine, toglie di mezzo il termine decadenziale e lascia in piedi solo quello prescrizionale.

Le amministrazioni locali, in altre parole, avranno accesso all’anagrafe tributaria e sarà per loro più facile individuare gli istituti di credito con cui i contribuenti hanno rapporti, così da promuovere il “pignoramento presso terzi”.

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