Economia

Alitalia, lo statalismo di ritorno

Alitalia, lo statalismo di ritorno

Nel 2018 Alitalia ha perso oltre 500 milioni di euro. E ancora di questi tempi viaggia si fa per dire con una perdita secca di un milione e 200 mila euro al giorno. Entro fine giugno l'ex compagnia di bandiera deve restituire il famoso prestito ponte di 900 milioni. Impossibile.

Il coinvolgimento diretto di Ferrovie dello Stato attraverso pressioni governative per guidare la costituzione di una newco allo scopo di rilanciare il vettore, dice che di nuovo si pesca dalle tasche dei cittadini/contribuenti per allestire operazioni dalle dubbie o nulle prospettive. La pattuglia di potenziali azionisti quando va bene prende tempo, altrimenti si defila, come ha fatto la compagnia low cost easyJet. La statunitense Delta Airlanes parrebbe essersi impegnata per un 10% ma in cambio pretende un potenziamento delle tratte intercontinentali, vera fonte di business. Il che genera cattivi pensieri: servirebbero velivoli nuovi, ma come si fa ad acquistare vista la situazione oltremodo precaria? Dovrebbe impegnarsi Ferrovie dello Stato ma non è che l'azienda dal punto di vista finanziario vada a gonfie vele.

Alitalia viene da fallimenti e salvataggi in serie. La sua eventuale rinascita non può passare attraverso un nuovo pesante intervento dello Stato secondo canoni consueti, antieconomici. Temo il peggio e non credo di essere il solo. Con la derelitta Alitalia i rubinetti andavano chiusi per tempo e definitivamente; oppure, dopo attenta analisi dei conti, serviva ristrutturarla per davvero così da realizzare una soddisfacente vendita, anche spacchettandola. Realismo, prima di tutto! Invece solo annunci, trattative opache. Prestiti ponte, aumento delle perdite. E calo della quota di mercato (ora è al 15,1%, per intenderci Ryanair è al 25,1). Azioni maldestre contro l'interesse pubblico (e che dire del possibile ingresso del Tesoro?). Purtroppo non siamo su Scherzi a parte!

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