Amco al test dei raggi X guai per mezzo miliardo

La Corte dei Conti valuta l'indagine sulle dinamiche che hanno determinato il prezzo dei crediti difficili

Amco al test dei raggi X guai per mezzo miliardo
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Andrea Munari, Ceo di Amco da un anno, è alle prese con l'eredità del predecessore Marina Natale, amministratore delegato e direttore generale dell'asset management company controllata dal Tesoro fino al 2023. Munari, infatti, è stato costretto a rivedere al ribasso le valutazioni degli Npl comprati negli anni precedenti da alcune delle più importanti banche italiane (Mps, Veneto Banca, PopVicenza, PopolareBari, Carige, Bper, Bpm). Il bilancio 2023, infatti, si è chiuso con una perdita di 388 milioni a causa di rettifiche di valore per 523,8 milioni, con una revisione del loss given default, il parametro che misura la capacità di recuperare il credito sulla base del track record dell'intermediario. In pratica, il portafoglio Npl unsecured (cioè senza garanzia) è stato rivalutato alla luce di un contesto di tassi elevati che implica una maggiore probabilità di default dei debitori.

Secondo quanto appreso dal Giornale, la cifra sarebbe stata attenzionata dalla Corte dei Conti che starebbe valutando l'apertura di un dossier sui bilanci redatti nella precedente gestione di Amco. Al momento, tuttavia, la questione è al vaglio - come di consueto - della Sezione Controllo Enti che pubblica generalmente la propria relazione alla fine del mese di marzo, dunque mancano ancora nove mesi alla stesura del rapporto finale. Se e solo se vi fossero riscontri molto negativi, potrebbe interessarsene direttamente la Procura della magistratura contabile.

Nel 2021 il conto economico di Amco si chiuse con una perdita di 422 milioni di euro, dovuta principalmente agli accantonamenti one-off per 529 milioni sull'intero portafoglio di crediti rilevato da Mps e che fu ripianata con l'utilizzo della riserva da scissione. Un dato inserito da Amco solo in una nota a piè di pagina nel comunicato sui risultati d'esercizio, mentre il testo evidenziava «un utile netto normalizzato a 70 milioni». Utile che infatti non teneva conto appunto degli impatti della svalutazione del portafoglio Mps.

Un dettaglio non trascurabile che, assieme ad altre discutibili operazioni, avrebbe spinto Viale Mazzini a voler fare chiarezza sull'operato dell'azienda sotto la guida di Natale. Già nella relazione sul 2021 si derubricò la triangolazione tra parti correlate Amco-Mef-Mps come «un'operazione che si inscrive nel novero degli interventi aventi rilievo economico/finanziario istituzionale, come tali congruenti con la presenza di un socio pubblico». Ora, però, nel mirino della Corte sarebbero finiti, in particolar modo, gli acquisti dei crediti deteriorati da alcune banche: non solo da Mps quindi, ma anche da Carige (dicembre 2019) e da Popolare di Bari (giugno 2020).

Insomma, ok alle operazioni di sistema ma niente spreco di soldi pubblici. E in ambienti finanziari si è sempre fatto notare (come ha poi avuto modo di evidenziare anche Intesa Sanpaolo) che Amco acquistava gli Npl a prezzi decisamente fuori mercato, riuscendo così a battere la concorrenza di servicer come doValue, Intrum, Prelios. Prezzi che in sé presumevano una successiva svalutazione.

Già in quegli anni i funzionari del Tesoro erano preoccupati e a Bruxelles alcuni storcevano il naso, ma Amco svolgeva una funzione sociale di ripulitura dei bilanci. Munari, oltre a dover rimettere in ordine i conti, molto probabilmente dovrà confrontarsi anche con la Corte dei Conti.

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