Assegno di mantenimento in caso di divorzio, come calcolarlo

Quello dell’assegno di mantenimento è un tema attuale e sempre delicato. Vediamo come calcolarlo e cosa dicono le sentenze più recenti

Assegno di mantenimento in caso di divorzio, come calcolarlo

L’assegno di mantenimento è il contributo che va versato per legge al coniuge separato e ai figli. Prima di immergerci in questo tema, è opportuno dare un’occhiata ai dati nazionali, che certificano l’attualità dell’argomento.

Nel 2019 in Italia sono state censite 94.474 separazioni e i divorzi sono stati 85.349, numeri in linea con gli anni precedenti. Per onore di chiarezza, va detto che nel 2020 questi numeri sono calati circa del 20% ma non possono fare testo, perché la pandemia ha rallentato l’iter di tutti i procedimenti, divorzi e separazioni incluse.

L’obbligo di mantenimento

Il diritto sostanziale prevede che i coniugi provvedano al mantenimento reciproco sia dal punto di vista materiale, sia da quello morale. Lo sancisce, nella fattispecie, l’articolo 143 del Codice civile.

La linearità di questo aspetto comincia a ramificarsi in virtù dell’articolo 156 del Codice civile che obbliga il coniuge, a cui è addebitata la separazione, a provvedere al mantenimento dell’altro qualora questo non fosse in grado di farlo da sé. In quest’ambito ci si perde nelle disposizioni, intervenute con il passare del tempo, arrivando a minare questo principio, sovrapponendo diverse eccezioni delle quali parleremo in seguito.

Le ragioni alla base del concetto del mantenimento sono parte attiva della filosofia con cui viene determinato l’assegno di mantenimento.

L’obbligo di mantenimento e la separazione

La separazione, sia questa consensuale o giudiziale, il matrimonio rimane in essere e posto in uno stato di sospensione temporanea che ne determinerà la cessazione soltanto con la sentenza di divorzio. Questo vuole dire che lo stato civile di “coniugato” o “coniugata” rimane valido per tutta la durata dell’iter della separazione e non potrebbe essere che così, considerando che non tutti i procedimenti di separazione giungono alla successiva fase del divorzio. La separazione sospende diversi doveri, come per esempio quello della convivenza, ma non inficia sugli obblighi di mantenimento descritti nel già citato articolo 143 del Codice civile.

Con sentenza 5555 del 19 marzo 2004, la Cassazione civile ha decretato che, eventuali accordi presi dai coniugi affinché soltanto uno lavorasse, sono garanzia per la parte economicamente più debole soltanto durante la fase di separazione e decadono alla pronuncia del divorzio. Il motivo è lineare: lo status di separazione mira a salvaguardare gli effetti propri del matrimonio. La separazione è più simile al “congelamento” del matrimonio che alla sua fine. Ancora una volta vale però il principio secondo il quale l’assegno di mantenimento non è dovuto al coniuge a cui è addebitata la separazione.

Va anche ribadito che il beneficiario dell’assegno di mantenimento può anche rinunciarvi di sua spontanea volontà.

L’assegno di mantenimento

Se la coppia si sta separando in modo consensuale, è possibile stabilire nell’accordo anche l’importo dell’assegno di mantenimento. Il giudice si limiterà a comprovarne l’equità, soprattutto nei casi in cui i coniugi hanno dei figli. La questione diventa più complessa quando non c’è accordo tra i coniugi ed è compito del tribunale stabilire sia l’importo del mantenimento sia a quale dei due coniugi sia dovuto. L’intento è quello di garantire alla parte economicamente più debole un tenore di vita compatibile con quello del regime matrimoniale.

Uno dei grandi temi, rimanendo negli aspetti materiali dell’assegno di mantenimento, è legato alla casa coniugale la cui assegnazione è correlata all’interesse dei figli ed è un capitolo importante, perché impatta sul reddito sia di chi dovrà lasciarla e trovare un’altra sistemazione e sia di chi ne godrà, che non dovrà sostenere spese di locazione. Da ciò ne consegue che il valore economico di una locazione va a fare parte del reddito del coniuge a cui è stata assegnata la casa di famiglia e, nell’impossibilità del coniuge debitore di versare il dovuto all’altro coniuge, la casa può diventare copertura parziale o totale dell’assegno di mantenimento.

L’assegno di mantenimento per i figli

Uscendo dall’ambito strettamente materiale, aspetto di rilevante importanza è il mantenimento dei figli al cui proposito il giudice ha un’ampia discrezionalità.

Il mantenimento non riguarda soltanto i figli minorenni ma si estende anche a quelli maggiorenni, fintanto che non hanno raggiunto una propria indipendenza economica. Questo significa anche che il giudice deve stabilire quanto i figli maggiorenni siano determinati sia nel finire i rispettivi cicli di studi, sia nel trovare un’occupazione adeguata alle rispettive possibilità. Così non fosse il mantenimento può venire revocato ma il raggiungimento della loro maggiore età non è sufficiente di per sé per interromperne il versamento.

La discrezionalità del giudice, mirata alla tutela degli interessi materiali e morali dei figli della coppia, rende puramente indicativo ogni calcolo inteso a stabilire l’importo totale dell’assegno di mantenimento. Online si trovano diversi calcolatori che tengono conto di principi di massima e non delle considerazioni che i giudici possono fare a margine di ogni singolo caso di separazione. Laddove i coniugi non saranno in grado di raggiungere un accordo che il tribunale giudicherà soddisfacente il giudice, nell’interesse dei figli della coppia, avrà ampio potere decisionale.

La revisione dell’assegno di mantenimento durante la separazione

La sentenza di separazione può essere modificata e il coniuge che intende rivedere l’importo dell’assegno di mantenimento deve fornire prove a supporto del cambiamento delle circostanze. Tra queste le più evidenti e frequenti sono una sostanziale variazione reddituale di chi versa l’assegno o di chi lo percepisce. Altri casi frequenti sono relativi alla creazione di un nuovo nucleo famigliare di uno dei due coniugi

L’assegno di mantenimento nel contesto del divorzio

Nel caso in cui il procedimento di separazione si cristallizzasse in un divorzio sancendo così lo scioglimento del nucleo famigliare, l’assegno di mantenimento, pure tutelando il coniuge più debole dal punto di vista economico, adotta un paradigma rivoluzionario. La sentenza della 11504/2017 della Cassazione civile ha stravolto l’articolo 143 del Codice civile, citato all’inizio di questo articolo, sostenendo che il divorzio sancisce l’estinzione del matrimonio anche dal punto di vista patrimoniale. Sentenza che cancella il concetto del tenore di vita precedente al matrimonio. Il giudice deve quindi valutare indici precisi reddituali e patrimoniali del coniuge che chiede l’assegno di mantenimento. Tra questi rientrano anche le reali possibilità di lavoro e quindi anche la ragionevole capacità potenziale di essere indipendente dal punto di vista economico. L’ex coniuge, stando a questa sentenza dei giudici della Cassazione, ha diritto al mantenimento soltanto se non può provvedervi da sé, per esempio a causa di inabilità al lavoro o di altre difficoltà oggettive. A tale proposito la sentenza 13902/2019 ha sancito che si può negare l’assegno di mantenimento anche in funzione della breve durata della relazione dei coniugi e della giovane età dell’ex coniuge beneficiario. Sono entrambe sentenze che hanno rotto una tradizione lunga decenni e che sembrano destinate a stravolgere la giurisprudenza futura.

La tutela del beneficiario

Il beneficiario che non riceve l’assegno di mantenimento ha dalla sua diversi

strumenti per ottenere il dovuto. Il giudice, se interpellato, può disporre il sequestro conservativo di beni del debitore a tiolo di garanzia e, laddove disponibili, può dirottare al beneficiario eventuali entrate del debitore.

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