«Una vittoria della politica sulla tecnocrazia dell'istituto di vigilanza della Bce». Il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, ha definito così la proposta presentata ieri dalla Commissione europea sulle regole prudenziali per il trattamento delle sofferenze bancarie, sottolineando che «ora tocca al legislatore risolvere questo problema, tocca ai rappresentanti eletti decidere quali sono gli strumenti migliori per affrontare una questione che riguarda moltissime banche in Europa. Non tocca alla Vigilanza. In ogni democrazia è il Parlamento che fa le leggi».
Il messaggio è diretto al capo della Vigilanza della Bce, Daniele Nouy, che oggi toglierà il velo all'addendum sulla gestione dei crediti deteriorati che ha scatenato nei mesi scorsi l'aspro confronto con il Parlamento Ue. Tajani anche ieri è tornato ad alzare la voce minacciando un ricorso davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea se Francoforte supererà le sue competenze sul trattamento dei non performing loans. «Possono avere tutte le interpretazioni che vogliono: sono contro il diritto comunitario», ha detto ricordando «la base giuridica bene illustrata nel parere del giureconsulto del Parlamento Europeo e del parere del giureconsulto del Consiglio».
In base alla proposta della Commissione di Jean Claude Juncker, le banche avranno due anni per raggiungere la copertura totale delle perdite potenziali dei nuovi crediti non garantiti con una copertura minima del 35% entro il primo anno. Per i crediti garantiti, invece, gli istituti dovranno arrivare a una copertura integrale in otto anni con un minimo del 5% nel primo anno, del 27,4% entro il quarto e del 75% entro il settimo. Le linee guida della Bce prevedono finora la svalutazione al 100% in 7 anni per i crediti assistiti da garanzia e in 2 anni per quelli non garantiti, con una progressione lineare. La mano dell'Eurotower, con le indicazioni discrezionali aggiuntive che riguarderanno le singole banche, rischia però di essere più pesante rispetto a quella di Bruxelles le cui regole si applicheranno solo ai nuovi prestiti che andranno in sofferenza, ovvero quelli erogati a partire da ieri. Allentando la pressione sugli istituti di credito per rispettare la progressione degli accantonamenti e il relativo onere.
Le big nostrane stanno già accelerando sullo smaltimento: Intesa vuole dimezzare i crediti deteriorati, passando dai 52,1 miliardi lordi di fine 2017 a 26,4 miliardi al 2021; Unicredit prevede il raggiungimento di un indice delle sofferenze all'8,4% entro la fine del 2019 con una copertura al 65,8%; Banco Bpm ha alzato l'asticella a 13 miliardi e Ubi potrebbe mettere sul mercato un portafoglio di oltre un miliardo. Eppure l'Italia resta «un'osservata speciale» sui mercati perché ha banche «in parte ancora in una situazione rischiosa», ha detto ieri il membro del consiglio di Vigilanza della Bce, Ignazio Angeloni.
Secondo l'Eba, però, l'entrata in vigore delle misure prudenziali deprimerebbe nel corso di 20 anni il Cet1 ratio (l'indice di tenuta patrimoniale) di una banca europea di 205 punti base. Nell'arco di sette anni, l'impatto sarebbe di 56 punti base, pari al 40% degli utili che la banca non distribuisce agli azionisti sotto forma di dividendi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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