Banche a picco, governo in allarme

Vertice d'emergenza a Palazzo Chigi con i big del settore. Si studia un treno per le sofferenze

Banche a picco, governo in allarme

L'indice FtseMib in netto calo del 3%, il Banco Popolare giù dell'8%, Mps -3,8%, Carige -5,7%, Bpm -6,5%, Ubi -5,8%, big come Unicredit e Intesa in rosso rispettivamente del 3 e del 4,3 per cento. È il bollettino borsistico di ieri che torna a segnare tempesta, in una giornata pesante per tutte le piazze europee tra vendite sul comparto dell'auto e i rinnovati timori sulla congiuntura economica. Sul listino milanese, però, tuoni e saette sono stati scatenati ancora una volta dai titoli del comparto bancario. Così come era stato all'inizio dell'anno, e dopo una breve pausa di due mesi, il fiume carsico delle vendite ha ricominciato a scorrere. Del resto, rispetto alle prime sedute del 2016 poco è cambiato: le nozze fra Bpm e il Banco vanno sigillate da un aumento di capitale da 1 miliardo che deve essere ancora varato da Verona; Mps (con lo Stato azionista al 4%) non ha trovato il suo cavaliere bianco; a Nordest le altre due popolari trasformate in spa - Vicenza e Veneto Banca - sono appese al filo dei consorzi di garanzia per le loro ricapitalizzazioni; e le 4 cosiddette good banks di CariChieti, Carife, Marche ed Etruria non sono state ancora vendute. Senza dimenticare che, sebbene siano state già ripulite dalle sofferenze, gli incagli «fermentano» pericolosamente nei bilanci se il motore degli istituti non torna a pieni giri. Non solo. L'offerta di Apollo per l'acquisto delle sofferenze di Carige con un prezzo pari al 17,6% del valore nominale dei crediti implicherebbe una svalutazione del portafoglio all'80% e sta diventando una sorta di benchmark: gli investitori stanno ragionando sul valore che il fondo Usa attribuisce agli npl genovesi per poi trasferire il calcolo sulle sofferenze di altri istituti e sulle eventuali minusvalenze che ne deriverebbero. Nel caso di Mps (26,6 miliardi di sofferenze lorde a fine 2015), ad esempio, per allinearsi al livello previsto da Apollo mancherebbero ulteriori rettifiche per 4 miliardi. «C'è il timore di una nuova ondata di aumenti di capitale, ma i soldi non ci sono, chi ce li ha non ce li vuole mettere o comunque non prima di altri», commenta un trader. Inevitabile, dunque, che sul mercato tornasse a soffiare aria di burrasca come è successo ieri già nei primi minuti di contrattazioni. Ma le raffiche sono diventate più forti quando, attorno all'ora di pranzo è filtrata dalle agenzie di stampa la notizia di un summit a Palazzo Chigi tra il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, i vertici di Cdp, Claudio Costamagna e Fabio Gallia, l'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, quello di Intesa, Carlo Messina, quello di Mediobanca, Alberto Nagel e il dominus delle Fondazioni, Giuseppe Guzzetti. Sul tavolo, le ricapitalizzazioni delle popolari e l'istituzione di nuovi strumenti - come un veicolo societario partecipato da diversi soggetti - che consentano alle banche di dismettere le sofferenze senza perdite in conto economico tali da dover richiedere nuove iniezioni di liquidità e senza incappare in aiuti di Stato che farebbero alzare il cartellino rosso della Commissione Ue.

Altri tavoli tecnici verranno convocati nei prossimi giorni. Segno che i problemi del sistema sono diventati ormai un problema - grosso - per Renzi e i suoi consulenti. Da risolvere in fretta. E sperando che non sia troppo tardi.

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