Economia

Banche tedesche in affanno. Ma Berlino pensa alle nostre

Il Bundestag indaga su Mps, Carige e Pop Bari mentre la Merkel gestisce salvataggi pubblici e fusioni dolorose

Banche tedesche in affanno. Ma Berlino pensa alle nostre

Quando si dice il tempismo. Le banche tedesche sono in mezzo alla bufera: Angela Merkel deve gestire le prove di nozze tra Commerzbank e Deutsche Bank, e dietro le quinte i politici di alcuni Land stanno portando avanti, da azionisti, la fusione di una pattuglia di istituti regionali per creare un colosso unico. Eppure al Bundestag, il Parlamento tedesco, Frank Schaeffler del partito liberal-democratico è tornato a sollecitare la Vigilanza della Bce sulle banche italiane, chiedendo chiarimenti su Carige e Popolare Bari e su possibili effetti di contagio.

Le domande sono state raccolte dal «postino» Wolfgang Schauble, presidente del Bundestag che all'inizio di febbraio le ha girate al presidente della Vigilanza, Andrea Enria. «La Bce ha creato un meccanismo interno di gestione delle crisi per avviare una risposta tempestiva ed efficace», ha risposto Enria fornendo anche una serie di numeri: al terzo trimestre del 2018 gli asset delle prime dieci banche italiane era di 2.190 miliardi; il totale degli attivi di Carige ammontava a 22,5 miliardi, quelli della Monte dei Paschi a 132,2 miliardi e quelli della Popolare di Bari (che non è direttamente vigilata dalla Bce) a 14,5 miliardi. Quanto ai crediti deteriorati, al secondo trimestre del 2018 il volume totale detenuto dalle dieci big era di 154,6 miliardi (di questi 3,5 miliardi imputabili a Carige, 19,6 miliardi a Mps e 2,6 miliardi alla Popolare di Bari).

Ai numeri della Vigilanza, si aggiungono i calcoli di Erik Nielsen, capo economista di Unicredit: a partire dal terzo trimestre dello scorso anno, solo il Portogallo (6%), l'Irlanda (5%), l'Italia (4%) e un certo numero di Paesi dell'Est Europa al di fuori dell'area dell'euro avevano un ratio sui crediti deteriorati netti superiore alla media Ue dell'1,8%. Sul fronte del rapporto costo/rendimento (cost-to-income-ratio), le banche in Spagna e Portogallo hanno portato i loro indici, rispettivamente al 52% e al 53%, mentre le banche italiane (al 63%) non sono molto distanti. Per contro, le banche tedesche avevano al 30 settembre un rapporto costo/rendimento dell'80%; quello di Deutsche Bank ha fatto registrare il 90,3 per cento.

Quanto al dossier Commerz-Deutsche Bank, ieri il Financial Times ha pubblicato un intervento di Isabel Schnabel, docente di economia dei mercati finanziari all'Università di Bonn, componente del Consiglio di Esperti Economici della Germania, i cosiddetti «Cinque saggi». Secondo la Schnabel gli effetti collaterali negativi di una fusione tra le due giganti del credito potrebbero essere notevoli, creando una banca troppo sistemica per fallire e troppo complessa da gestire. Schnabel invoca cambiamenti strutturali e per risolvere il problema della bassa redditività e chiede al governo di Berlino di ridurre il suo coinvolgimento nel settore del credito.

Delle venti più grandi banche tedesche, 12 sono infatti di proprietà pubblica.

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