Il matrimonio fa bene. Almeno in Borsa dove il debutto dei due novelli sposi, la Bpm e il Banco Popolare, è stato festeggiato con una raffica di acquisti. Il titolo Banco Bpm ha chiuso la sua prima seduta mettendo a segno un balzo di oltre il 9% a 2,50 euro, tra scambi pari all'1,73% del capitale.
La banca è una public company senza un nocciolo duro di azionisti (fino al 26 marzo 2017 il diritto di voto è limitato al 5% del capitale) e capitalizza 3,78 miliardi di euro. Il Banco Popolare e la Popolare di Milano avevano chiuso il 2016, l'ultimo anno vissuto da single, con una flessione pari rispettivamente al -75,7 e -60,8 per cento.
La fusione, diventata effettiva dal 31 dicembre 2016, ha dato vita al terzo gruppo bancario italiano con quasi 4 milioni di clienti e 2.500 filiali. Il nuovo istituto può contare su oltre 25mila dipendenti, più di 171 miliardi di attivi e una raccolta di 120 miliardi. Numeri che si traducono in una quota pari a più dell'8% del mercato nazionale, con una forte radicalizzazione nel Nord Italia (11%) e, in particolare, in Lombardia (15,5%), Piemonte (12,5%) e Veneto (9,5%), mentre a livello patrimoniale, il Cet 1 pro forma del gruppo è pari al 13,6 per cento. Una nota ricorda che l'istituto nasce con un capitale sociale di 7,1 miliardi, rappresentato da 1.515.182.126 azioni ordinarie prive di valore nominale.
Le azioni Banco Bpm emesse al servizio del concambio sono messe a disposizione degli ex azionisti e degli ex soci di Banco Popolare e Bpm a partire da domani 4 gennaio, senza porre a carico degli ex azionisti e degli ex soci delle due società partecipanti alla fusione alcun onere per le operazioni di concambio (fissato in 1 azione Banco Bpm per ciascuna azione Banco Popolare; 1 azione Banco Bpm per ogni 6,386 azioni Bpm, con la liquidazione in contanti delle eventuali frazioni).
Ad alimentare il rally del titolo ieri hanno contribuito alcuni report positivi. Come quello degli analisti di Equita che si attendono il superamento degli obiettivi fissati dalla società in termini di taglio dei costi (i target prevedono una riduzione del 9% dei costi combinati al 2019, ovvero minori oneri per 320 milioni di euro). Anche perché, sottolineano gli esperti, «la trasformazione in spa metterà pressione al management nel raggiungimento degli obiettivi del piano».
Per Equita, «questa intuizione è stata recentemente confermata dall'accordo sindacale sulle riduzioni del personale», intesa che vedrà l'esodo volontario di 2.100 dipendenti, cifra oltre le 1.800 uscite previste dal piano industriale. Piace anche il programma di riduzione del rischio che si prefigge una riduzione del 55% delle sofferenze per un importo complessivo di 8 miliardi di euro.
Quanto ai dubbi sulla tenuta del capitale a disposizione, scrive sempre la sim, se dovessero aumentare le coperture sulle esposizioni deteriorate «il gruppo può contare su abbondanti riserve di valore a cui attingere in caso di necessità legate alla valorizzazione delle fabbriche prodotto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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