«Spero» che nell'erogazione del credito si tenga conto del merito, «ma non sono sicuro che sia così». Il direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi, ha squarciato il velo di Maya della realtà finanziaria italiana e ha lanciato un appello al sistema bancario del nostro Paese. «Bisogna che le banche aumentino la loro capacità di fare una intelligente selezione del credito e che la struttura finanziaria italiana sia meno dipendente dal credito bancario», ha affermato nel corso di un intervento a un convegno a Genova.
Rossi ha ricordato che il credit crunch, ossia la diminuzione dei prestiti a imprese e famiglie, «è purtroppo il risultato di 5 anni di recessione». Dopo la più grave crisi dal dopoguerra, fare credito è diventato più difficile: «le imprese migliori che esportano vanno molto bene nonostante la recessione e hanno ridotto la domanda di credito, ma l'ha aumentata chi è più in difficoltà e verso queste le banche esercitano più prudenza». Una replica implicita al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva chiesto di allargare i cordoni della borsa verso le pmi.
Quelle che potrebbero sembrare affermazioni generiche sono in realtà la sintesi dei dati statistici che la Banca d'Italia quotidianamente mette insieme e che offrono uno spaccato della difficile situazione in cui versa il sistema produttivo del Paese. Come testimoniano mensilmente le elaborazioni dell'Abi sugli aggregati di Via Nazionale i prestiti proseguono la loro tendenza alla decrescita. Nel mese di settembre si sono fermati a quota 1.800 miliardi di euro circa, ossia il 3,8% in meno rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Gli impieghi a famiglie e imprese hanno registrato una flessione leggermente più contenuta: -2,9% a 1.463 miliardi. Si tratta di una necessità dettata anche dall'esigenza di limitare le sofferenze, ossia i prestiti non rimborsati (o con rate scadute), che nei 12 mesi a settembre sono aumentati del 22,4% a 141,8 miliardi.
Se però si guarda alle sofferenze, si scopre che «il merito», come lo ha definito Rossi, non è propriamente il primo parametro utilizzato nella concessione degli affidamenti. Anche in questo caso viene in soccorso il Bollettino statistico di Bankitalia. Nell'ultima edizione, che analizza i dati del primo semestre 2013, si osserva infatti una situazione particolare. I 132,8 miliardi di sofferenze registrati a fine giugno si concentrano per il 63% sui clienti che hanno in essere mutui e finanziamenti superiori a 500mila euro. In particolare, circa 15,5 miliardi di non performing loans (il 12% del totale) è ascrivibile ai 397 affidati (0,03% dei clienti in sofferenza) verso cui le banche e le finanziarie italiane hanno un'esposizione superiore ai 25 milioni di euro. Si tratta dei «grandi clienti» corporate, quelli che soffrono più la crisi.
Anche se la piramide del credito appare un po' rovesciata nella sua consistenza, secondo Salvatore Rossi «alle banche bisogna chiedere le cose giuste, non cose che le banche non devono e non possono fare». Gli istituti non possono «caricarsi di responsabilità pubbliche», che spettano al Parlamento e al governo. Eppure, in quel 63% di sofferenze a fine giugno molto probabilmente qualche decisione politica ci sarà stata.
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