Economia

Bce: «L'inflazione bassa non schiacci i salari»

Preoccupano le retribuzioni, rimaste al palo a fine 2015 (+1,3%) La ripresa continua, ma c'è il rischio di un peggioramento

Rodolfo Parietti

Dopo aver metaforicamente sfilato dai portafogli tedeschi la banconota da 500 euro, destinata all'eutanasia monetaria, la Bce di Mario Draghi invia un altro messaggio sgradito alla Germania: la politica dei tassi bassissimi continuerà ancora a lungo. Già l'estensione del quantitative easing al marzo 2017 aveva manifestato la chiara intenzione di mantenere estremamente allentata la politica monetaria, e ora, nell'ultimo Bollettino mensile, l'Eurotower chiarisce le proprie intenzioni: «È essenziale - si legge - mantenere un grado appropriato di accomodamento per il tempo necessario a sostenere il vigore della ripresa economica nell'area dell'euro e ad accelerare il ritorno dell'inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento».

Il punto è che, finora, non c'è evidenza nè di una crescita sostenuta, nè tantomeno di una fiammella d'inflazione. Il bazooka, finora, ha mancato entrambi i bersagli. La ripresa economica nell'area dell'euro «sta proseguendo, trainata dalla domanda interna, mentre la domanda estera rimane debole» a causa del rallentamento dei mercati emergenti. I rischi per le prospettive di crescita «restano orientati verso il basso». Quanto ai prezzi, continuano a «non mostrare segni di tendenza al rialzo», e in prospettiva «è probabile che il tasso d'inflazione si collochi su valori lievemente negativi nei prossimi mesi e che poi riprenda a salire nella seconda metà del 2016». Le preoccupazioni della Bce nei confronti degli effetti indotti dal rischio di una deriva deflazionistica, risultano evidenti nella parte del Bollettino in cui la lente si posa sulla dinamica dei salari. Le retribuzioni sono infatti quasi inchiodate: nel quarto trimestre 2015 sono aumentate rispetto al periodo corrispondente dell'anno precedente solo dell'1,3%, uno dei tassi più bassi registrati dall'avvio dell'unione monetaria. Il motivo? Di sicuro l'«ampia offerta di lavoro», ovvero le ampie sacche di disoccupati che agisco da freno inibitorio alla rivendicazioni salariali; ma anche il contesto di bassa inflazione «potrebbe aver contribuito a contenere la crescita dei salari». Un fenomeno che la banca centrale vuole a tutti i costi evitare: «È indispensabile assicurare che le condizioni di inflazione estremamente bassa non si radichino in effetti di secondo impatto sul processo di formazione di salari e prezzi», innescando una spirale mortale.

La Bce non vuole insomma veder vanificati gli sforzi fatti, proprio ora che la trasmissione dello stimolo monetario alle imprese e alle famiglie, in particolare attraverso il sistema bancario, «si sta rafforzando». La crescita della moneta è rimasta solida, mentre il tasso di incremento dei prestiti continua ad aumentare gradualmente.

Gli ultimi dati diffusi recentemente da Eurostat, relativi all'ultimo trimestre del 2015, vedevano una crescita degli investimenti delle famiglie dell'8,4%, appena un po' meglio dell'8,3% tra luglio e settembre, e quelli delle imprese in salita del 22,2% (22% nel terzo trimestre).

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