Ci sono cattive notizie che, a volte, alle Borse piacciono quasi più di quelle buone. Lo scivolamento della Spagna in deflazione (-0,2% in febbraio) dopo oltre quattro anni e il contestuale raffreddamento dei prezzi in Germania (+0,9%) hanno alimentato le speculazioni secondo cui Mario Draghi, nella riunione della Bce di giovedì prossimo, non potrà più tergiversare. Un motivo valido per spingere al rialzo tutti i listini europei e in particolare Piazza Affari, dove un rialzo dell'1,53% ha riportato l'indice Ftse-Mib a quota 21498, un livello che non era stato più toccato dal maggio 2011. Un ulteriore boost agli acquisti è venuto dall'asta con cui il Tesoro ha collocato Btp a 5 e 10 anni per 6,75 miliardi di euro, con rendimenti ai minimi dall'ingresso nell'euro: 3,29% per il decennale e 1,88% per il Btp a 5 anni.
Se le tensioni extra-europee sembrano stemperarsi con la rassicurazione che la Cina sosterrà la ripresa anche attraverso investimenti infrastrutturali, se la Federal Reserve ha garantito più volte un lungo periodo di politica monetaria estremamente accomodante, è ora da Francoforte che deve arrivare un segnale di reazione di fronte al rischio sempre più elevato di una caduta generalizzata dei prezzi che avrebbe conseguenze devastanti su un ciclo economico dalla vitalità tutt'altro che brillante. L'inazione dell'Eurotower, è il parere di molti osservatori, è durata anche troppo. Ora occorre muoversi. Le prudenti aperture del capo della Bundesbank, il «falco» Jens Weidmann, sulla possibilità che la Bce possa varare misure di allentamento quantitativo, sembrano indicare che anche la Germania comincia ad accusare il colpo di un euro troppo esuberante. I tempi per un intervento, quindi, sono ormai maturi. Draghi, che nelle ultime settimane ha ripetuto come un mantra la frase «siamo pronti ad agire», ha un ventaglio di opzioni a disposizione. Dalla più classica (e meno efficace), ovvero un taglio al tasso di riferimento, attualmente allo 0,25% e mantenuto sempre invariato dallo scorso novembre, fino alla più ardita che rimanda all'acquisto di bond sovrani già in circolazione.
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