Bernabè se ne va, i problemi restano

Franco Bernabè, come da copione, lascia la presidenza di Telecom Italia. Le dimissioni arrivano nel corso di un mesto cda, «il clima non era allegro», ha specificato poi il consigliere Massimo Egidi. Il presidente se ne va senza dichiarazioni ma lascia comunque molti dubbi. Cosa accadrà infatti delle attività in Sud America e quale sarà la sorte del debito di Telecom a un passo dal rating «Junk»? Oggi i sindacati lo chiederanno a Marco Patuano, l'amministratore delegato che avrà tutte le deleghe in attesa della nomina di un nuovo presidente, mentre l'interim va a Minucci. Su questo fronte il candidato più probabile è Massimo Sarmi, ora alle Poste che però vuole, prima di firmare, dai nuovi azionisti di maggioranza di Telco, gli spagnoli di Telefonica, un piano industriale condiviso. I sindacati oggi chiederanno comunque certezze sul fronte occupazionale e numi su quell'aumento di capitale che Franco Bernabè voleva chiedere ai soci. «Se le dimissioni del presidente sono da addebitarsi alla mancata volontà degli azionisti di varare un aumento di capitale, la situazione diventa veramente preoccupante - dice Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil - se le soluzioni saranno quelle della societarizzazione del gruppo, con il solo fine di sparigliare dal punto di vista finanziario e cercare di evitare il declassamento del debito attraverso escamotage industriali, i vertici aziendali troveranno nel sindacato un forte oppositore». Un'ipotesi questa che invece piace molto ai mercati tanto che il titolo Telecom, appena avuta la certezza delle dimissioni di Bernabè, che allontanava dunque il paventato aumento di capitale, ha cominciato a salire in Borsa chiudendo a +1,6%, ossia 0,64 euro, un livello che non vedeva da alcuni mesi.
Bernabè lascia Telecom dunque dopo sei anni, con 6,5 milioni di euro di liquidazione oltre ai 12 già ricevuti come compensi, rivendicando l'abbassamento del debito di circa 11 miliardi. Il problema è che si è verificata anche una forte perdita di fatturato e di valore del titolo in Borsa. Dopo l'addio Bernabè ha trovato finalmente la solidarietà della classe politica a lungo richiesta. Per Franco Bassanini, presidente di Cdp «l'aumento di capitale proposto è molto comprensibile. Ma la nostra missione è quella di finanziare infrastrutture non di aiutare società che hanno problemi di capitalizzazione». Mentre Marcello Cardani, presidente di Agcom ha ammesso che «Bernabè ha fatto quanto possibile per raddrizzare una situazione già molto compromessa e merita l'onore delle armi».

Saluti affettuosi anche dal viceministro per lo sviluppo economico Antonio Catricalà che ha rimarcato l'impegno di Bernabè nell'azienda. Intanto i concorrenti dell'ex-monopolista sperano nello scorporo della rete. Secondo l'ad di Wind Maximo Ibarra, lo scorporo «può permettere lo sviluppo della fibra ma solo con una governance trasparente».

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