Economia

Bio-on finisce in manette. Arrestato il fondatore e titolo sospeso in Borsa

Misure cautelari per altri due manager. Nove indagati, tutti accusati di false comunicazioni

Bio-on finisce in manette. Arrestato il fondatore e titolo sospeso in Borsa

Bio-OFF. E' con questo, lapidario, tweet che ieri mattina il fondo Quintessential ha commentato l'operazione della Guardia di Finanza «Plastic Bubbles» (bolle di plastica) che ha portato all'arresto ai domiciliari del fondatore e presidente di Bio-on, Marco Astorri, a misure interdittive per il vicepresidente Guido Cicognani e per il presidente del collegio sindacale Gianfranco Capodaglio, a nove indagati, al sequestro preventivo di 150 milioni di euro e alla sospensione in Borsa del titolo della società bolognese delle bioplastiche.

L'accusa della Procura di Bologna è di false comunicazioni e manipolazione di mercato. L'inchiesta prende le mosse proprio dalle accuse del fondo attivista americano che a luglio aveva contestato la solidità del business con un report dal titolo eloquente: «Bio-On: Una Parmalat a Bologna?» E accusato l'azienda di essere «una grande bolla, basata su tecnologia improbabile, con fatturato e crediti essenzialmente simulati grazie a un network di scatole vuote». Le indagini dei pm hanno poi evidenziato «numerose irregolarità in ordine alla formazione dei bilanci e all'informazione societaria riportata al mercato, con particolare riferimento ai ricavi e al livello di produzione». In particolare, i manager sostenevano che lo stabilimento di Castel San Pietro Terme era in grado di produrre mille tonnellate l'anno di polimero. «Dopo le nostre indagini è emerso che la produzione era di 19 tonnellate da inizio 2019», ha spiegato ieri il procuratore di capo di Bologna, Giuseppe Amato.

Nell'ordinanza di applicazione delle misure cautelari si leggono anche alcune intercettazioni: «Abbiamo sbagliato a scriverlo, mi prendo il mio pezzo di responsabilità ma non è solo colpa nostra. È colpa del sistema che ci ha indotto a fare queste comunicazioni» diceva Astorri a un revisore di Ernst & Young, che contestava i dati sulla produzione di Castel San Pietro. E in una telefonata del 9 agosto, uno degli indagati, dialogando con il presidente del collegio sindacale ammetteva che «tutte le entrate delle joint venture sono fittizie».

Già ad agosto la procura ha inoltre chiesto al Tribunale civile l'apertura di un procedimento per irregolarità in cui veniva richiesta un' ispezione (ancora in corso) per sostituire i vertici della società. E da fine luglio su Bio-on si sono accesi anche i riflettori della Consob, chiamata a vigilare sui titoli dell'Aim (dedicato alle pmi) nel caso in cui ci possa essere un abuso di mercato. La stessa Commissione era stata preventivamente avvertita delle analisi effettuate da Quintessential che quando ha divulgato il report ha dichiarato di aver aperto una posizione ribassista sul titolo e di avere un interesse nella discesa del prezzo.

Il 24 ottobre 2014 Bio-on ha debuttato sull'Aim a 5 euro accompagnata, come global coordinator, da Banca Finnat mentre EnVent aveva assunto l'incarico di Nomad, ovvero di advisor e garante dei conti del gruppo sull'Aim. Gli unici studi di analisti a disposizione del pubblico sono proprio firmati da Finnat e EnVent (che il 28 settembre ha rinunciato all'incarico, sottolineando che era venuto meno il rapporto fiduciario con la società). In pochi mesi è andato in fumo più di un miliardo di capitalizzazione: il titolo è crollato dal massimo storico di 71,2 euro toccato il 10 luglio 2018 ai 10,4 euro della chiusura di martedì. Il 61% della società è in mano ad Astorri e Cicognani, sia direttamente sia attraverso la società Capsa, il 2% è di Felofin (holding del gruppo Kartell) mentre il 37% è sul mercato. «Siamo intervenuti per evitare che potesse esplodere con effetti ancora più devastanti una bolla economica», ha detto ieri il procuratore Amato.

I legali di Astorri presenteranno la richiesta di riesame al Tribunale competente.

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