Bipiemme, via alle nuove Popolari

La «spa ibrida» pensata dal presidente Andrea Bonomi per rottamare in modo definitivo le logiche della vecchia Popolare di Milano, promette di essere solo la prima scintilla di una generalizzata trasformazione del settore. Una terza via, tra gli attuali istituti commerciali e le cooperative, che potrebbe favorire un nuovo processo di consolidamento fino alla nascita di un soggetto simile a quello che è il Crédit Agricole, in Francia.
Il progetto Piazza Meda ben si incastra, infatti, nel rinnovato atteggiamento di Bankitalia verso l'intero sistema creditizio. Palazzo Koch, che in passato agiva perlopiù sottotraccia e risolveva le emergenze favorendo le aggregazioni, ora sta adottando una politica «interventista». La svolta, che mira ad avere certezza della solidità dei bilanci delle banche vigilate, anche alla luce della mina inesplosa delle sofferenze, trova conferma nelle frequenti ispezioni.
Il governatore Ignazio Visco è alle prese con almeno tre ordini di problemi. Il primo, malgrado i vincoli patrimoniali imposti dall'Eba siano stati centrati, riguarda le prevedibili difficoltà che incontrerebbero molte Popolari a ricapitalizzarsi in una Borsa che non ha mai amato il voto capitario.
Il secondo è collegato alla ancora maggiore centralità degli investitori istituzionali, dopo che la crisi ha svuotato le tasche dellefamiglie, da sempre «bacino» delle Popolari. Il terzo (politico) è la necessità di preparare il previsto passaggio di consegne con la Bce per la nascita di un'unica supervisione sulle grandi banche Ue.
Sebbene Bonomi e l'ad Piero Montani abbiano studiato una soluzione apposita per Bpm, oggi Piazza Meda è quindi un «laboratorio», incaricato di sperimentare l'antidoto a un problema comune e, nel contempo, superare la poco coraggiosa riforma del settore da poco licenziata dal Parlamento.
Nelle Popolari si prospetta poi la necessità di affrontare il ricambio generazionale delle primissime linee. Ecco perché l'attenzione è indirizzata sul tasso di litigiosità delle prossime assemblee chiamate a rinnovare i vertici. A partire da quella imminente di Ubi Banca, dove il fronte guidato da Giorgio Jannone è pronto a dare battaglia. Il progetto di Bonomi è attualmente quello di tenere Bpm autonoma, ma secondo più di un osservatore la sposa ideale di Piazza Meda sarebbe proprio il gruppo guidato da Victor Massiah.
Prima di fare qualsiasi ipotesi, si ragiona nei corridoi di Ubi, occorre tuttavia attendere l'esito delle «urne»: qualcuno dei soci bresciani nutrirebbe, infatti, qualche nostalgia per la «spa» sperimentata con Banca Lombarda, mentre l'anima bergamasca prediligerebbe la cooperativa ereditata da Bpu. Nelle Popolari l'affluenza dei dipendenti in assemblea è di norma intensa e, quindi, peserà l'orientamento della Fabi di Lando Maria Sileoni, prima sigla del settore, che muove all'unisono con la Fiba di Giuseppe Gallo.
Il primo passaggio resta, comunque, la trasformazione di Bpm in spa: l'assise dovrebbe riunirsi a fine luglio.
Il cardine del progetto è la nascita della prospettata Fondazione, cui saranno deputati i compiti di welfare e di attenzione al territorio tipici delle mutue: l'ente avrà inoltre diritto a tre consiglieri di sorveglianza.

Il riassetto permette di scongiurare il rischio che, con la fine dell'Associazione Amici, le assemblee divengano ingovernabili: a oggi mancano, infatti, altri catalizzatori di voto e Bonomi, essendo un uomo di mercato, è distante dalla logiche di gestione del consenso presenti in altre consorelle. La continuità della gestione è però necessaria per liberare la banca dalla zavorra dei Tremonti Bond e dalle penalizzazioni patrimoniali imposte da Bankitalia.

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