Economia

La bomba delle pmi: senza liquidità a settembre rischiano il tracollo

Le pmi sono senza liquidità. Se fino a settembre i rischi sono ridotti al minimo, il problema potrebbe ripresentarsi al termine dell'estate

La bomba delle pmi: senza liquidità a settembre rischiano il tracollo

A causa della crisi economica provocata dal nuovo coronavirus l'ombra delle insolvenze si alza sulle cosiddette pmi, ovvero piccole e medie imprese.

Per insolvenza si intende la situazione in cui un soggetto economico non riesce più a soddisfare le proprie obbligazioni; una situazione che può provocare anche la dichiarazione del fallimento. Ebbene, in queste complicate settimane, il numero di pmi in bilico è cresciuto (e continuerà a crescere) a vista d'occhio. Complice il lockdown, molti negozi sono chiusi e, nonostante le vaghe promesse del governo su prestiti e aiuti, tanti proprietari non sanno se dopo il 4 maggio saranno ancora in grado di rialzare le saracinesche.

Come spiega Il Sole 24 Ore, in Italia c'è una bomba ad orologeria che potrebbe esplodere da un momento all'altro. Le imprese sono a secco di liquidità, e poco importa se fino a settembre non è prevista alcuna iscrizione per i mancati pagamenti nella Centrale dei rischi. Già, perché il problema è solo rimandato a dopo l'estate. Quella messa sul tavolo dall'esecutivo, insomma, è una moratoria che semplicemente posticipa gli effetti derivanti dal tracollo dei mancati ricavi.

Una bomba a orologeria

Il dl 18/2020, quello che per intendersi è stato soprannominato ''cura Italia'', e il successivo dl 23/2020, il ''decreto liquidità'', rischiano di essere dei buchi dell'acqua per molte pmi. Il mondo delle piccole imprese, infatti, ha segnalato criticità e inadeguatezze del sistema bancario, chiamato ad adempiere alle disposizioni contenute nei provvedimenti appena citati. Per cercare di risolvere la faccenda si sono attivate l'Abi e la Banca d'Italia, con quest'ultima che ha garantito il proprio impegno per ''monitorare l'allineamento degli istituti bancari alle indicazioni normative''.

Eppure, a fotografare la situazione, troviamo diversi bollettini non proprio rassicuranti. In quello di Palazzo Koch risalente allo scorso 17 aprile si fa presente che ''il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei finanziamenti è rimasto stabile all' 1,3 per cento, al netto dei fattori stagionali e in ragione d' anno''. Come se non bastasse il Pil sta facendo i conti con una frenata dello 0,5 per cento a settimana. Il rapporto Cerved rating agency è ancora più esplicito e paventa per le pmi italiane un rischio di fallimento del 10,4%.

Le pmi temono di finire nel libro nero degli insolventi. E una volta entrati in quelle pagine, uscirne è difficile. Il problema delle piccole e medie attività è sostanzialmente uno: accanto al mancato incasso c'è l'impossibilità di far fronte alle varie obbligazioni contratte nei mesi antecedenti lo scoppio della pandemia. In tempo ordinari, fa presente Il Sole 24 Ore, chi non paga da 60 giorni o salta due rate consecutive, entra nella lista di proscrizione della Centrale rischi.

Al momento il rischio è scongiurato, ma soltanto fino al termine dell'emergenza. Gli esperti sostengono che il sistema è in grado di reggere qualora la situazione di emergenza durasse un mese. Ma, nel caso in cui i tempi dovessero rivelarsi più lunghi, è difficile avere certezze.

E intanto settembre si avvicina.

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